Allegri batte Sarri
E sembra che anche Allegri abbia beneficiato della baby invasione di cui non era mai stato strenuo promotore. Però l’emergenza ha cambiato decisamente qualcosa nelle sue strategie. Fagioli è entrato per non uscire più. Gli altri giovani sono ormai titolari solo in attesa di turnover, non ragazzini da prendere perché mancano le prime firme. Paredes va in Qatar da titolare nell’Argentina, ma nella Juve può mettersi in lista d’attesa. Allegri ha fatto la scelta giusta: insistere. Allegri ha vinto per ko tecnico la sfida con Sarri. Non è la prima volta, forse è la kryptonite del collega. Ha vinto subito perché ha capito come annullare il centrocampo della Lazio, ingabbiandolo in
una ragnatela da cui Sarri, più offensivo ma anche più integralista, non è mai riuscito a liberarsi. Allegri ha mandato a uomo Rabiot sul fantasma di Milinkovic e messo il miglior Locatelli dell’anno su Basic. Obiettivo: lasciare libertà a Fagioli, sul quale doveva allargarsi Cataldi. Una quarta mossa ha contribuito a far saltare tutti i sincronismi in mezzo: Bremer quasi in mediana in fase d’impostazione, un po’ per seguire a uomo Anderson falso 9, un po’ per creare superiorità. La Lazio ha avuto circa il 60% del possesso ma non se n’è accorto nessuno.
Gol spettacolo Su questi presupposti non c’è mai stata partita. Già mancavano Lazzari e Zaccagni,
gli unici che potevano “strappare” e reagire alla monotonia del giropalla laziale. Inoltre, senza Immobile, Sarri poteva fare qualcosa, almeno dare più ritmo al centro, magari scambiando Pedro con Anderson, invece niente. Quasi rassegnato. Primo tiretto in porta della Lazio dopo 61’, con la Juve prepotente e strategica. Partenza velocissima, sempre in verticale, con pressing alto, triangoli e tiri. Poi, visto che la mira non era all’altezza delle occasioni, ecco che i bianconeri si facevano più pratici, raccogliendosi sulla trequarti, senza far tirare mai la Lazio, anzi costringendola all’errore per poi ripartire. Nessun più perde palla in impostazione bassa, ormai rilancia. Ma l’innesco delle ripartenze è la trequarti. Qui al 43’ del primo tempo Milinkovic ha perso il controllo e Rabiot ha inventato il lancio per Kean: corsa e pallonetto sull’uscente Provedel. Ancora qui, al 9’, Milik ha rubato palla e tempo a Cataldi e, in un attimo, lancione di Locatelli, Kostic tiro parato e Kean che s’avventa e fa 2-0. Stesso copione. All’ultimo, formula diversa: scambio spettacolare Di Maria-Chiesa, dentro nel finale, e palla da appoggiare per Milik. di reparto: Locatelli non ha più posizione fissa e arretrata ma, come nel Sassuolo, si allarga e s’infila con palleggio e fisico. Ieri sembrava Tonali. Rabiot ha ormai lasciato la mattonella, tornando incursore ma mantenendo il senso tattico italiano. Kostic è un treno che offre corsa, tiri, assist. Milik, quando non gioca da centravanti ma da seconda punta, è l’alter ego bianconero di Dzeko. Bremer è tornato ai suoi massimi, com’era al Toro. E Kean che non vede più fantasmi, ma va dritto in porta con la sua danza non più fuori tempo. Da tanto non si vedeva una Juve così.
All’improvviso… Il risveglio della Juve è stato collettivo. La regia di Fagioli, ieri, è stata meno manifesta, però il senso della posizione perfetto ha liberato tatticamente
5’18” e mentalmente i colleghi