La scalata di “Rambo” ai vertici senza curriculum
Sono diversi gli elementi inquietanti di questa storia. Tra questi il fatto che ricostruire il passato di Rosario D’Onofrio sia praticamente impossibile. Una cosa è certa, quest’uomo conduceva una doppia vita ed è riuscito in qualche modo a tenere nascosto tutto quello che avrebbe potuto compromettere la sua immagine pubblica. Di lui, 42enne originario della zona di Caserta ma da tempo trasferito a Milano, si sapeva che avesse un passato dell’Esercito. O meglio, in molti - anche all’Aia - erano convinti che ne facesse ancora parte: soltanto l’indagine della Dda milanese ha svelato che fosse un ex ufficiale, sospeso per motivi disciplinari quando emerse che non poteva essere un ufficiale medico, visto che la laurea che dichiarava di avere in Medicina risultava falsa. Del resto della sua vita, al di fuori dell’attività da procuratore arbitrale e prima dell’arresto di giovedì, non c’è praticamente traccia, nemmeno in quel pozzo senza fondo che è il web. Strano. E sia Aia sia Figc negano di avere un suo curriculum vitae. Stranissimo. Frugando si trova però il pugno che nel 2007 D’Onofrio, allora guardalinee,
La doppia vita
D’Onofrio fra narcotraffico e Aia, dove era entrato nel 2013, ma una sua biografia non esiste rifilò al presidente onorario della Valtarese: non venne sanzionato, da referto fu provocato e aggredito.
Ma come si spiega la carriera che nel mondo degli arbitri lo ha portato tanto in alto? D’Onofrio, che faceva parte della sezione di Cinisello Balsamo, era entrato nella Commissione disciplinare nel 2013, con Marcello Nicchi presidente. Un compito importante, ma comunque marginale. Il vero salto è arrivato nel 2021, poco dopo l’insediamento della nuova governance guidata da Alfredo Trentalange: l’11 marzo viene infatti nominato capo della Procura arbitrale, ruolo decisamente prestigioso e di forte responsabilità, visto che stava a lui indagare sulle irregolarità commesse dai direttori di gara. È chiaro che nessuno all’Aia sospettasse che D’Onofrio fosse nel mirino della Procura di Milano come membro di una gigantesca organizzazione criminale di narcotraffico internazionale (l’accusa parla di sei tonnellate di droga portate in Lombardia tra il 2019 e il 2021). È probabile invece che, in totale assenza di controlli, la sua esperienza militare possa essere apparsa ai vertici una garanzia di integrità... La carriera come corriere della droga (in realtà si occupava di tutta la logistica e secondo le intercettazioni veniva utilizzato anche come “picchiatore”) si interrompe il 21 maggio del 2020, quando Rambo (questo il suo soprannome) viene fermato dalla Guardia di Finanza al casello di Lainate con 40 chili di marijuana con conseguente arresto. La carriera all’interno dell’Aia invece continua, anzi, vola fino al vertice della Procura. In un anno e mezzo da procuratore D’Onofrio apre qualcosa come 1100 fascicoli, un’attività frenetica che non passa inosservata. Tanto che nel luglio scorso l’Aia gli consegna il premio Concetto Lo Bello, tra i più prestigiosi del settore. E quando la Procura Figc inizia a indagare su di lui (deferimento arrivato il 28 ottobre, l’udienza il prossimo 25 novembre), i vertici dell’Aia non la prendono affatto bene. Si fidavano ciecamente di D’Onofrio. Ora, dicono, si sentono «traditi».