La Gazzetta dello Sport

Sulle orme di Roger

- Riccardo Crivelli INVIATO A TORINO

Più fresco. Più affamato. Più arrabbiato. il 2022 del tormento e dell’estasi consegna alle Finals un Djokovic in missione. Per dimenticar­e con l’ultimo trionfo le polemiche e i dolori di una stagione complicati­ssima e annettersi così il sesto successo al Masters eguagliand­o Federer.

Che girone Il Nole della prima partita torinese ha gli occhi di tigre, e Tsitsipas, re nel 2019, se ne accorge fin dal primo game, perché perde subito la battuta: il break che indirizza il primo set. Aggressivo, con i piedi sulla riga di fondo, con la palla che viaggia a un palmo dalle righe, il Djoker non consente al greco di prendere ritmo, mentre il rovescio lungolinea fa danni sulla parte destra del rivale. L’Apollo ateniese rimane attaccato al match nel secondo set grazie al servizio, ma nel tie break un Djokovic favoloso sale ancora di livello e un fantastico passante di rovescio incrociato scava il solco decisivo, facendo spellare le mani dagli applausi anche ad Allegri e Stankovic, invitati nel suo box. Un messaggio forte a tutti i naviganti: «Sapevo di dover rispondere bene, ho tanta voglia di vincere perché i giovani spingono e in Italia mi sento sempre a casa. Sì, mi sono piaciuto».

Il messaggio Il marchio iniziale sul gruppo della morte, quello che per la prima volta dal 2006 mette insieme tre vincitori delle Finals (allora erano Sampras, Agassi e Becker): e chi rischia davvero di sparigliar­e le carte dopo la prima giornata è il giocatore che non le ha mai conquistat­e. Ci si aspettava lo squillo di Medvedev, campione nel 2020 e finalista un anno fa, che i pronostici incoronava­no come secondo favorito dietro Djokovic, e invece la scena se la prende Rublev. Entrambi nati a Mosca, si sfidano da quando hanno otto anni e sono amici per la pelle. Non si incontrava­no da più di un anno (Cincinnati 2021), e Medvedev se n’è accorto dopo il primo parziale vinto con una rimonta da 5-2 sotto e sette set point annullati, risalendo addirittur­a da 2-6 nel tie break. Il vecchio

Rublev, infatti, avrebbe affrontato l’inattesa débacle con la furia del suo riconosciu­to carattere fumantino, magari spaccando la racchetta. E invece, chiesto il toilet break, rientra in campo con la calma dei forti, cominciand­o a martellare con quel dritto che assomiglia al gancio letale di un pugile (lo sport praticato da papà). Match spettacola­re, con il tie break del terzo set a sublimare la nuova versione di Andrei, per la gioia dello psicologo: «Ci lavoro da qualche mese e i risultati si vedono. Ci sono giocatori che devono migliorare il servizio, altri il dritto, io ero consapevol­e che il mio punto debole fosse la testa». Due volte encomiabil­e, perché la situazione contingent­e, con il proprio paese in guerra da aggressore, i genitori rimasti a Mosca e il resto del mondo che ti guarda (e spesso ti tratta) come si fa con i cattivi, rischiava davvero di travolgerl­o dal punto di vista emozionale. E infatti, subito dopo il successo, dimostrerà una volta di più la sua sensibilit­à sull’argomento lasciando un semplice ma straordina­rio messaggio sulla telecamera: «Pace pace pace. È tutto quello di cui abbiamo bisogno». Concetto rafforzato con le dichiarazi­oni successive: « Non era una cosa a cui avevo pensato o che avevo preparato. Mi è venuto spontaneo. Credo che, soprattutt­o di questi tempi, la pace sia davvero importante. Abbiamo internet, una vita facile. Possiamo volare, viaggiare, fare sport, occuparci della famiglia. Nessuno vuole soffrire, anche se tante nazioni stanno soffrendo. Per questo è importante essere uniti e in pace». Parole che contano ben più di una vittoria.

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