PICCOLO EROE: «NUOVO CICLO AZZURRO ADESSO SIAMO NOI A IMPORRE IL GIOCO»
a candidatura ha un bel peso specifico: ieri World Rugby ha inserito Ange Capuozzo tra i quattro finalisti al riconoscimento di “Giocatore emergente dell’anno”. Gli altri? L’inglese Henry Arundell, 20enne estremo dei London Irish e gli irlandesi Mack Hansen, 24enne ala del Connacht e Dan Sheehan, 24enne tallonatore del Leinster. Il vincitore, scelto da un panel composto da grandi ex - da McCaw a Dusatoir - sarà annunciato domenica nell’ormai tradizionale Gala di Montecarlo. Per l’Italia, in lizza per la “Meta dell’anno”, ci sarà anche Edo Padovani. Serve dire che l’azione “incorniciata” è quella che in marzo, a Cardiff, regalò il successo dell’Italia sul Galles? A propiziarla, al 79’, fu un’irresistibile serpentina di Capuozzo, scugnizzo d’oro...
Ange, da quel giorno la Nazionale, che nel Sei Nazioni veniva da 36 ko consecutivi in 7 anni, ha vinto cinque partite su sei, la prima della storia contro l’Australia di sabato compresa ed è risalita all’11° posto del ranking: cosa sta succedendo?
3 «È il frutto di un processo cominciato circa un anno fa, coinciso casualmente col mio ingresso in Nazionale: alla base ci sono la nostra identità e il nostro cuore. Abbiamo fiducia e, tecnicamente, crediamo in noi stessi: muoviamo la palla, siamo decisi negli impatti, cerchiamo il gioco aereo. Riuscirci in allenamento è un conto, in partita un altro».
3Ha capito la portata dell’impresa fatta con i Wallabies?
«È stata una partita incredibile, indimenticabile. Siamo riusciti a imporre il nostro piano di gioco, il nostro stile, riempiendo gli spazi in velocità. È quello che ci chiede il nostro c.t. Kieran Crowley. Ora, pensando alla sfida al Sudafrica campione del mondo, dovremo rimanere concentrati e con i piedi per terra».
3Dall’alto
dei suoi 177 centimetri e 71 chili, in queste ore in cui tutti la cercano (ieri, al raduno di Verona, anche una troupe di Canal+, ndr), ripete che nel rugby più che il fisico, conta la testa.
«È così: il nostro sport coltiva le differenze. C’è spazio per gli alti e i bassi, per chi ha grande intelligenza tattica e chi ne ha meno. C’è bisogno di tutti. Contano le motivazioni. È il messaggio che spero arrivi ai più giovani».
Come vive questo momento di popolarità?
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«Sono fiero di essere in Nazionale: è il mio sogno da quando, a 5 anni, ho cominciato a giocare. Sono orgoglioso delle origini napoletane e legato alla famiglia».
3E se il c.t. Galthié l’avesse convocata per la Francia? «Non è successo: mi sono proposto all’under 20 di Fabio Roselli dopo un’amichevole con la giovanile del Grenoble del 2019. E mi ritengo fortunato».
3 La sua storia da... oriundo?
«I bisnonni paterni lasciarono Napoli dopo la Seconda Guerra Mondiale per insediarsi a SaintLaurent, quartiere italiano di Grenoble. Il nonno aveva 2-3 anni. Aprirono un’azienda di produzione di guanti, chiusa da tempo. Nel 1970 è nato papà, Franc. Mamma, Emmanuelle, è francese ma originaria del Madagascar».
3 Di cosa si occupano i suoi? «Di arredamenti per ristoranti e alberghi, mentre gran parte della famiglia, cugini in testa, gestisce il Cafés Fraica, torrefazione piuttosto popolare». 3 Lei, a Napoli, è mai stato? «Tre volte, l’ultima quattro anni fa. Ho ancora parenti là, anche se la maggioranza dei Capuozzo italiani è tra Bologna e Roma».
3 C’erano tra le 31 persone per le quali ha acquistato biglietti per il match di Firenze?
«Alcuni sì, anche se molti sono arrivati dalla Francia».
3 Emma, la sua metà, in testa. «Non manca mai. È di SaintRaphaël, tra Provenza e Costa Azzurra. Ci siamo conosciuti lì, quando anni fa ci sono andato in vacanza con amici. Mi ha seguito prima a Grenoble e ora a Tolosa, dove gioco da questa stagione».
Cosa fa nella vita?
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«Studia marketing e lavora parttime collaborando all’organizzazione di congressi medici».
3 Come si vive a Tolosa? «Meravigliosamente e per il rugby è un paradiso. La passione è unica. Debordante».
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Come a Napoli per il calcio? «Credo molto simile. Sono felice per il primato della squadra di Spalletti. E di Kvaratskhelia».
Perché del georgiano?
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«In luglio, con la Nazionale, eravamo a Batumi: il match è andato male, ma lì non si parlava d’altro che del trasferimento di Khvicha dalla squadra locale. Mi è parsa una bella coincidenza».
Le due mete al debutto a Roma contro la Scozia in campo dal 46’, l’azione contro il Galles, la fresca doppietta all’Australia: cosa resta di tutto ciò?
3 «Lo sport vive di emozioni e queste sono enormi. Per me e per chi mi vuole bene».
3 Che rapporto ha con Crowley? «Ottimo: non dà molta confidenza, ma con lui si discute volentieri, perché è equilibrato».
3 Come si trova nel triangolo allargato con Bruno e Ioane?
«A meraviglia: giochiamo con istintività, parliamo la stessa lingua, ci capiamo al volo».
3Tornerà
mai a giocare mediano di mischia come agli esordi?
«Per necessità, se me lo chiedessero. I panni dell’estremo o dell’ala ora mi calcano meglio».
3Quando
le è stato chiesto chi fossero i suoi riferimenti ovali, ha dato risposte diverse.
«Giocatori come il francese Christophe Dominici, il figiano Sireli Boo o il sudafricano Cheslin Kolbe: gente veloce, capace di dare spettacolo».
3 Cosa le piace oltre al rugby? «Il design di interni, passione ereditata dai miei, strimpellare il piano, canticchiare e leggere, soprattutto libri relativi allo sviluppo personale. A 16-17 anni mi hanno aiutato molto».