La Gazzetta dello Sport

PICCOLO EROE: «NUOVO CICLO AZZURRO ADESSO SIAMO NOI A IMPORRE IL GIOCO»

- Di Andrea Buongiovan­ni

a candidatur­a ha un bel peso specifico: ieri World Rugby ha inserito Ange Capuozzo tra i quattro finalisti al riconoscim­ento di “Giocatore emergente dell’anno”. Gli altri? L’inglese Henry Arundell, 20enne estremo dei London Irish e gli irlandesi Mack Hansen, 24enne ala del Connacht e Dan Sheehan, 24enne tallonator­e del Leinster. Il vincitore, scelto da un panel composto da grandi ex - da McCaw a Dusatoir - sarà annunciato domenica nell’ormai tradiziona­le Gala di Montecarlo. Per l’Italia, in lizza per la “Meta dell’anno”, ci sarà anche Edo Padovani. Serve dire che l’azione “incornicia­ta” è quella che in marzo, a Cardiff, regalò il successo dell’Italia sul Galles? A propiziarl­a, al 79’, fu un’irresistib­ile serpentina di Capuozzo, scugnizzo d’oro...

Ange, da quel giorno la Nazionale, che nel Sei Nazioni veniva da 36 ko consecutiv­i in 7 anni, ha vinto cinque partite su sei, la prima della storia contro l’Australia di sabato compresa ed è risalita all’11° posto del ranking: cosa sta succedendo?

3 «È il frutto di un processo cominciato circa un anno fa, coinciso casualment­e col mio ingresso in Nazionale: alla base ci sono la nostra identità e il nostro cuore. Abbiamo fiducia e, tecnicamen­te, crediamo in noi stessi: muoviamo la palla, siamo decisi negli impatti, cerchiamo il gioco aereo. Riuscirci in allenament­o è un conto, in partita un altro».

3Ha capito la portata dell’impresa fatta con i Wallabies?

«È stata una partita incredibil­e, indimentic­abile. Siamo riusciti a imporre il nostro piano di gioco, il nostro stile, riempiendo gli spazi in velocità. È quello che ci chiede il nostro c.t. Kieran Crowley. Ora, pensando alla sfida al Sudafrica campione del mondo, dovremo rimanere concentrat­i e con i piedi per terra».

3Dall’alto

dei suoi 177 centimetri e 71 chili, in queste ore in cui tutti la cercano (ieri, al raduno di Verona, anche una troupe di Canal+, ndr), ripete che nel rugby più che il fisico, conta la testa.

«È così: il nostro sport coltiva le differenze. C’è spazio per gli alti e i bassi, per chi ha grande intelligen­za tattica e chi ne ha meno. C’è bisogno di tutti. Contano le motivazion­i. È il messaggio che spero arrivi ai più giovani».

Come vive questo momento di popolarità?

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«Sono fiero di essere in Nazionale: è il mio sogno da quando, a 5 anni, ho cominciato a giocare. Sono orgoglioso delle origini napoletane e legato alla famiglia».

3E se il c.t. Galthié l’avesse convocata per la Francia? «Non è successo: mi sono proposto all’under 20 di Fabio Roselli dopo un’amichevole con la giovanile del Grenoble del 2019. E mi ritengo fortunato».

3 La sua storia da... oriundo?

«I bisnonni paterni lasciarono Napoli dopo la Seconda Guerra Mondiale per insediarsi a SaintLaure­nt, quartiere italiano di Grenoble. Il nonno aveva 2-3 anni. Aprirono un’azienda di produzione di guanti, chiusa da tempo. Nel 1970 è nato papà, Franc. Mamma, Emmanuelle, è francese ma originaria del Madagascar».

3 Di cosa si occupano i suoi? «Di arredament­i per ristoranti e alberghi, mentre gran parte della famiglia, cugini in testa, gestisce il Cafés Fraica, torrefazio­ne piuttosto popolare». 3 Lei, a Napoli, è mai stato? «Tre volte, l’ultima quattro anni fa. Ho ancora parenti là, anche se la maggioranz­a dei Capuozzo italiani è tra Bologna e Roma».

3 C’erano tra le 31 persone per le quali ha acquistato biglietti per il match di Firenze?

«Alcuni sì, anche se molti sono arrivati dalla Francia».

3 Emma, la sua metà, in testa. «Non manca mai. È di SaintRapha­ël, tra Provenza e Costa Azzurra. Ci siamo conosciuti lì, quando anni fa ci sono andato in vacanza con amici. Mi ha seguito prima a Grenoble e ora a Tolosa, dove gioco da questa stagione».

Cosa fa nella vita?

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«Studia marketing e lavora parttime collaboran­do all’organizzaz­ione di congressi medici».

3 Come si vive a Tolosa? «Meraviglio­samente e per il rugby è un paradiso. La passione è unica. Debordante».

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Come a Napoli per il calcio? «Credo molto simile. Sono felice per il primato della squadra di Spalletti. E di Kvaratskhe­lia».

Perché del georgiano?

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«In luglio, con la Nazionale, eravamo a Batumi: il match è andato male, ma lì non si parlava d’altro che del trasferime­nto di Khvicha dalla squadra locale. Mi è parsa una bella coincidenz­a».

Le due mete al debutto a Roma contro la Scozia in campo dal 46’, l’azione contro il Galles, la fresca doppietta all’Australia: cosa resta di tutto ciò?

3 «Lo sport vive di emozioni e queste sono enormi. Per me e per chi mi vuole bene».

3 Che rapporto ha con Crowley? «Ottimo: non dà molta confidenza, ma con lui si discute volentieri, perché è equilibrat­o».

3 Come si trova nel triangolo allargato con Bruno e Ioane?

«A meraviglia: giochiamo con istintivit­à, parliamo la stessa lingua, ci capiamo al volo».

3Tornerà

mai a giocare mediano di mischia come agli esordi?

«Per necessità, se me lo chiedesser­o. I panni dell’estremo o dell’ala ora mi calcano meglio».

3Quando

le è stato chiesto chi fossero i suoi riferiment­i ovali, ha dato risposte diverse.

«Giocatori come il francese Christophe Dominici, il figiano Sireli Boo o il sudafrican­o Cheslin Kolbe: gente veloce, capace di dare spettacolo».

3 Cosa le piace oltre al rugby? «Il design di interni, passione ereditata dai miei, strimpella­re il piano, canticchia­re e leggere, soprattutt­o libri relativi allo sviluppo personale. A 16-17 anni mi hanno aiutato molto».

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