Gol, assist e impegno Jack l’attaccante totale ha conquistato l’azzurro
Ecco l’immagine della nuova Italia L’attaccante è un punto fermo più in Nazionale che nel Napoli
Oggi non c’è attaccante della Nazionale più titolare di Giacomo Raspadori. E diciamo attaccante, e non centravanti come giocherà stasera a Tirana, perché è stato anche il suo saper recitare fino a tre parti (punta centrale, punta esterna, seconda punta) nei copioni proposti da Roberto Mancini ad aver convinto il regista della nuova ricostruzione azzurra. Fino a farne un uomo chiave, prima ancora che un cardine in campo. Dunque i fatti, anzitutto. Dopo lo sprofondo della notte di Palermo con la Macedonia del Nord, l’Italia ha giocato otto partite: Raspadori è stato titolare 6 volte, dalla finalina delle beffe in Turchia alla vittoria di Budapest che ci ha dato le final four di Nations League. Ha visto la gara in panchina solo nella sua Bologna, Italia-Germania (giugno, Nations League), e da lì si è dovuto alzare solo una volta, per gli ultimi 13’ contro l’Inghilterra a Wolverhampton. Tutte le altre volte ha cantato l’inno in... campo.
Dare e avere Oggi, per ovvi motivi fra cui quello ovvissimo chiamato Victor Osimhen, Raspadori è più titolare nell’Italia che nel Napoli. Dove invece è rimasto seduto alle spalle di Spalletti tre volte nelle ultime cinque gare di campionato e ha contribuito a disegnare la coda della scia d’oro della sua squadra solo contro l’Empoli e i Rangers Glasgow. Ma l’intreccio club-Nazionale per lui non è mai stato un groviglio: semmai un nodo che ha reso più solido il legame con
entrambe le sue maglie, non solo perché hanno più o meno lo stesso colore. Dare e avere, dare e avere. A settembre arrivò a Coverciano con l’autostima accarezzata dal primo gol in Champions, a Glasgow, e tornò a Napoli con il serbatoio rimboccato dai gol contro Inghilterra e Ungheria: fu benzina per il suo momento d’oro stagionale, i tre gol (più un assist) in nove giorni all’Ajax.
Il poster Ora è di nuovo sotto il cielo azzurro Italia e altre indisponibilità di cui Mancini ha dovuto prendere atto (soprattutto Immobile, volendo Scamacca) hanno ulteriormente blindato la sua centralità. Che comunque sta nei fatti, appunto: sono stati i gol di San Siro e Budapest a dare respiro al progetto di rilancio di Mancini e slancio alla costruzione di un nuovo ciclo. Sue le conferme più evidenti che la strada imboccata può essere quella giusta. Oggi Raspa è il poster azzeccatissimo della campagna pubblicitaria per la nuova Italia: un giovane
che se l’è presa e altri può accoglierne insegnando come si fa. Perché a soli 22 anni Jack è già un “mezzo veterano” da 15 partite azzurre e cinque gol. L’unico giovane attaccante ad aver dimostrato che c’è comunque speranza di combattere la carestia nel ruolo, di sostenere la fatica del c.t. per reclutare forze nuove, dunque di curare l’anemia di nuovi gol. L’esempio visivo migliore per chi si affaccia al cancello di Coverciano e chissà che non faccia bene anche a Pinamonti: uno che Mancini aspetta da un po’ e ora spera che l’aria di Sassuolo faccia finalmente bene a lui come in passato a Raspadori. Jack ha insegnato come si salgono i gradini azzurri. E se stasera qui in Albania avrà di nuovo la maglia numero 10 sulle spalle, non ci sarà da meravigliarsi: è da almeno cinque mesi che se l’è meritata tutta, a forza di alzarsi l’asticella da solo.