Te lo do io il ritiro
LACRIME COLBRELLI E UN NUOVO INIZIO «MA LA BICICLETTA CI SARÀ SEMPRE» Costretto a smettere per i guai al cuore, svela il futuro con il Bahrain. «Il sogno? Un mio team di giovani, e farli allenare in sicurezza»
Le ho pensate tutte per correre: via il defibrillatore, andare all’estero... Ma questa era l’unica decisione da prendere. Il rispetto della vita prima di tutto Sonny Colbrelli bresciano, 32 anni
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eanche l’indimenticabile Roubaix — la bici infangata è lì a uno sguardo — lo aveva fatto sentire così amato. Sonny Colbrelli lo sa. Per questo un paio di volte si commuove mentre parla ed è costretto a interrompersi. «La decisione di smettere non l’ho ancora metabolizzata — confessa — ma era l’unica che potessi prendere. Il rispetto della vita viene prima di tutto».
Piccola Nella sala della sede Fsa Europe, a Busnago, molti restano in piedi. Sono venuti in tanti a questo saluto del bresciano che non è un addio e neppure un arrivederci, semmai un buongiorno alla nuova vita del campione italiano e europeo 2021, costretto al ritiro per l’arresto cardiaco e il successivo impianto del defibrillatore del 21 marzo in Catalogna (Sonny non ha perso i contatti con l’infermiere che lo aveva soccorso). Ci sono l’ex c.t. azzurro Davide Cassani, la mental coach Paola Pagani, il dirigente della Bahrain-Victorious Vladimir Miholjevic e tutti i familiari di Sonny: la compagna della vita Adelina, i figlioletti Vittoria e Tomaso, il fratello Tomas, i genitori Fiorelisa e Federico... Arriva in regalo un guantino-cimelio che indossava Franco Ballerini nella sua ultima Roubaix (2001), e chissà che in futuro Sonny non riesca ad avere una bandana originale di Pantani come ha sempre desiderato: mamma Tonina ha preso a cuore la storia del bresciano.
3Colbrelli, si riparte dai due anni di contratto con la
Bahrain-Victorious fino al 2024, come ci aveva detto il general manager Milan Erzen. Avrà un ruolo alla Valverde alla Movistar, ora che si è ritirato, cioè di raccordo tra corridori e staff?
«Mi è stato proposto dal team, e l’ho subito accettato. Ho dato tanto come corridore, posso dare altrettanto anche fuori dall’ambito sportivo. Da atleta, cercavo sempre di amalgamare i compagni. Scherzavo, ridevo... Ora posso dire la mia soprattutto sulle classiche rivolgendomi ai giovani».
3Ha
detto che ha provato tutte le strade possibili per continuare. Ha pensato davvero ad andare all’estero, a prendere un’altra cittadinanza?
«Le ho pensate... tutte. In un certo senso lo faccio ancora adesso, magari quando non riesco a prendere sonno, e anche se la decisione è stata presa. Però... bisogna essere realisti. Già sono fortunato ad essere qui. Su 10 persone, 8 non possono raccontare di aver subito un arresto cardiaco. Ho valutato di togliere il defibrillatore, di andare all’estero... Ma poi ho ragionato con la famiglia, con le persone competenti. Siamo di passaggio in questa vita. Ho avuto le mie glorie, ne potevo avere altre, ma porterò sempre con me la bici che mi ha tanto insegnato».
3Ha
creato un nuovo logo con il Cobra, ci sarà una bici speciale in 71 (il numero della Roubaix) esemplari. Farà l’ambasciatore, il consulente, il testimonial, potrebbe studiare da direttore sportivo. Ma il sogno di far nascere un suo team di giovanissimi come Pogacar, Nibali, Contador c’è sempre? «Sì. Un sogno che ho da tempo. Mi colpisce l’emozione dei ragazzini quando arriva il campione o quando gareggiano, che vincano o perdano. Mi piacerebbe creare un gruppo non solo per il ciclismo su strada, ma pure per mtb, cross, pista... Saranno poi loro a scegliere. Per dare un luogo sicuro dove allenarsi, inoltre. Nel Bresciano, alcune squadre di giovanissimi pedalano nel parcheggio di un supermercato e la cosa non mi piace. Se posso fare qualcosa per i giovani, la faccio con il cuore. Il tutto, senza l’ossessione per la vittoria. Ma divertendosi».
3Il calciatore Eriksen, con il quale lei si era messo in contatto, giocherà il Mondiale con il defibrillatore. Lei deve smettere. Ci pensa ogni tanto?
«Il mio sport non è il calcio. In un campo di pallone c’è tanta assistenza, molto vicina. Il ciclismo si fa in strada. Spesso, ci alleniamo in solitaria. I pericoli sono molto maggiori».
3Le resta qualche rimpianto agonistico?
«Il Giro delle Fiandre. Però non molti possono dire che l’ultimo successo della propria carriera sia stato la Parigi-Roubaix. Io ho avuto un percorso graduale. Non ho vinto alla grande subito come i Sagan, i Van der Poel, i Van Aert. La Roubaix è stata il massimo, i 3 km in salita per restare in scia in salita a Evenepoel a Trento i più duri di sempre».
3Quando si sveglia, adesso, a che cosa pensa?
«’Sonny, cambiati e vai in bici’. Ma subentra subito il ‘Sonny, cambiati e prepara la colazione ai bambini’».
3Che
cosa le mancherà più di tutto dell’agonismo?
«Forse... il mio posto sul bus. Accanto ai compagni».
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