La Gazzetta dello Sport

L’ULTIMO DIFENSORE ITALIANO TOMORI È IN CRESCITA BREMER NON MI PIACE»

«In Serie A i centrali sono tutti stranieri. È sparita la nostra scuola: non c’è nessuno che insegni a un ragazzo come marcare, come anticipare»

- Germano Bovolenta

Thiago Silva è lo straniero che più mi ha colpito in difesa. Kalulu migliora

Chi mi farebbe gol ora? Mi piace Osimhen, ma io ho fermato Van Basten...

ietro Vierchowod ha 63 anni e gira con l’Harley Davidson. «Ma la più piccola, la 883. La moto mi piace, mi rilassa, vado anche a San Siro a vedere il Milan». Ha giocato vent’anni in Serie A. La prima con il Como nel 1980, l’ultima con il Piacenza nel 2000. E in mezzo la Fiorentina, la Roma e tanta, tantissima Sampdoria, Juve e Milan. Il padre si chiamava Ivan Luchianovi­c, soldato ucraino dell’Armata rossa catturato dai nazisti e prigionier­o a Bolzano, Pisa e Modena. Finita la guerra, Ivan Luchianovi­c Vierchowod si è rifiutato di tornare in Ucraina, nella fonderia di Ricovo, periferia di Kiev. Si è sposato a Spirano, nel Bergamasco. Ivan nel dopoguerra ha fatto il facchino e l’ortolano e poi il meccanico nella fabbrica delle motociclet­te bicilindri­che Rumi. Pietro è nato a Calcinate, era un bambino di ferro, è diventato un calciatore d’acciaio e ha smesso a 41 anni. Alla Samp lo chiamavano lo zar.

3Come

«Bene. Vivo a Como sul lago, nella mia vecchia casa, sono nonno, ho due nipoti: Hatena e Olive. Siamo multilingu­e, una è francese, l’altra inglese, io sono mezzo ucraino».

stai, Pietro?

3Come

«È terribile, sto male. Gli ucraini sono sempre stati sottomessi dai tiranni. Adesso i russi li stanno uccidendo tutti. Soffro, anche se laggiù non abbiamo più nessuno. Mio padre era il più giovane dei suoi fratelli, io non li ho mai conosciuti. Prima della caduta del muro non si poteva andare. Poi il papà lavorava e dopo è diventato troppo vecchio per muoversi».

vivi la guerra?

3Anche tu hai lavorato. Idraulico, vero?

«Sì, diciamo aiutante, subito dopo le medie. Lavoravo e giocavo nella Romanese, abbiamo fatto un’amichevole con il Como. Ho marcato Cappellini, che poi è diventato centravant­i nell’Inter, non gli ho fatto toccare palla e mi hanno preso subito».

3Prima partita in B a 18 anni… «Nel Como. C’era anche Piero Volpi, che è poi diventato il medico dell’Inter. Grande carriera».

3Buona anche la tua. O no? «Beh, insomma, dai, non mi lamento. Ho vinto uno scudetto con la Roma, uno con la Samp, la Coppa Campioni con una grande Juve, altre coppe. Poteva andare meglio, ma anche peggio».

3Cosa ti manca?

«Un po’ di Nazionale. Mi sarebbe piaciuto vincere qualcosa, magari un Mondiale. Uno veramente l’ho vinto, in Spagna. Ma non ho mai giocato. Dovevo, invece mi sono fatto male alla caviglia e Bearzot ha lanciato Bergomi».

3Grande

difensore. Chi è stato il migliore dei tuoi tempi?

«Uno? Uno solo? Eravamo in tanti. Ferrara, Baresi, Maldini, Costacurta, Ferri. Erano forti anche quelli delle “piccole”. Preparati e addestrati».

3Perché, adesso non lo sono? «No. Un po’ di tempo fa mi hanno chiamato e chiesto di fare cinque nomi per la Nazionale. Sai che non ne ho trovato uno? Non ce ne sono più, tutti stranieri. L’ultimo grande è stato Chiellini. È sparita la nostra scuola, non c’è nessuno che insegni a un ragazzo come marcare, come muoversi con il pallone e con l’avversario, come anticipare, come non farselo scappare. In A gli allenatori sono quasi tutti ex centrocamp­isti. Poi i giocatori vengono tutti dall’estero. Va bene, ma diamo più spazio agli italiani. E vale anche per i portieri. Una squadra può averne anche cento di stranieri, ma io ne farei giocare solo cinque per volta. E basta».

3 I difensori stranieri che ti piacciono di più?

«Mah, l’ultimo è stato Thiago Silva. Al Milan ci sono Tomori e Kalulu, sono ancora in crescita, devono maturare. Sono tifoso della Juve, la guardo, ma Bremer non mi piace. Oh, intendiamo­ci, è un mio parere. Non voglio fare il professori­no, dico quello che penso».

Lo hai sempre detto e questo, si sa, non ti ha aiutato…

3

«No, per niente. Anzi. Il mio carattere mi ha frenato. Da allenatore, a Firenze, sono stato esonerato quando ero secondo in classifica. Ho sempliceme­nte litigato, come ho fatto molte volte».

3Troppo esigente?

«Forse. Pretendevo tanto dai miei giocatori e ho sbagliato».

3E con quale dei tuoi allenatori ti sei trovato meglio?

«Boskov. Un padre, un amico, un gestore. Sacchi quello che insegnava meglio, un maestro».

3Liedholm a Roma?

«Sono arrivato dalla Fiorentina, dove giocavo a uomo. Il Barone mi ha messo in campo e non mi ha detto niente della zona. Solo: “joca, Pietro”. Ho dovuto chiedere ai miei compagni, a Falcao, Nela e Di Bartolomei come e dove mettermi. Lui ti dava la maglia, guai se la prendevi tu. S’incazzava».

Il Barone era veramente superstizi­oso?

«Se lo era... Una volta ho preso la mia maglia dal mucchio, tanto sapevo il numero. Mi ha guardato malissimo: “Se succede qualcosa la colpa è tua. Non farlo più, capito?” Un’altra volta mi sono messo, per sbaglio, il suo cappotto: nelle tasche c’erano sale, ciondoli, amuleti, boccettine, cornetti...».

3

3Tu non sei superstizi­oso? «Qualche piccola mania da giocatore. Ma io pensavo a marcare bene e non far fare gol agli avversari. Su azione facevano fatica».

3Oggi chi potrebbe farti gol? «Ascolta: secondo te, questi dovrebbero farmi paura? Non lo so. Mi piace Osimhen, con quelle leve. Io però ho marcato Van Basten e non mi ha mai segnato su azione. Ho giocato contro Boninsegna e Sheva. E Bettega, Pulici, Paolo Rossi, Altobelli, Pruzzo e Careca, Rummenigge, Batistuta, Weah. E anche Vieri e Inzaghi. A 40 anni ho fermato due volte il Fenomeno Ronaldo, ha segnato solo su rigore. Dai, per favore…».

3Gentile bloccò Maradona. Tu? «Ah, Diego il numero uno. Una volta gli ero addosso, incollato. Si è girato con una piroetta, un tunnel ed è volato via. Io allora sono scattato e l’ho raggiunto e chiuso in angolo e lui si è messo a ridere: “Hanno ragione a dire che sei Hulk: ti manca solo il verde”».

Cosa non ti piace di questo calcio?

3

«La partenza da dietro. I retropassa­ggi, il tic toc. Lo ha inventato Guardiola a Barcellona. Ma c’era un motivo, lui lo faceva per stanare, far uscire le squadre piccole. Noi lo abbiamo stupidamen­te e inutilment­e copiato. L’Inter ha perso uno scudetto, la Roma l’ultimo derby e non parliamo dei sudori freddi di certi portieri. No, insistono, bisogna partire sempre dal basso…».

3Anche

Vierchowod è partito dal basso. Da giocatore con la Romanese in D. Da tecnico con la Florentia (Fiorentina) in C2.

«Come giocatore ho fatto, credo, cose buone. Come allenatore meno. Ma dalla vita non si può avere tutto. Comunque aspetto, sono qui. Se qualcuno mi vuole, sono pronto a tornare».

Maradona il top Una volta mi disse: “Sei come Hulk, ti manca solo il verde”

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