Di Luigi Perna
Sfida U
na volta James Allison disse che lavorare alla Ferrari è diverso che far parte di qualsiasi altro team di F.1, perché c’è la passione di un’intera nazione a spingere il Cavallino. La parola passione, però, fa rima con pressione. E così chiunque sia passato fra le pareti della fabbrica di Maranello ripeterà lo stesso concetto espresso dall’ex direttore tecnico inglese della rossa, che oggi è una figura di spicco della Mercedes a Brackley. Indossare la divisa della Ferrari comporta responsabilità e sollecitazioni superiori a quelle che si vivono nelle altre squadre, al punto da incutere paura di sbagliare a tutti, dagli ingegneri ai meccanici. Figurarsi il team principal, chiamato a gestire i circa mille dipendenti della Gestione Sportiva e a rispondere dei risultati in pista del marchio più prestigioso della storia dei GP.
L’eredità di Mattia Binotto non sarà facile da raccogliere, a prescindere da chi arriverà a sostituirlo, con il francese Frederic Vasseur che resta in pole fra i vari candidati presi in considerazione nell’ultimo anno e mezzo. Il team principal dell’Alfa Romeo ha una lunghissima esperienza di corse, con un bagaglio impressionante di titoli vinti nelle categorie inferiori, e ha dimostrato di saper gestire con capacità un team di F.1, contribuendo al rafforzamento della ex Sauber dal punto di vista finanziario e tecnico. L’accordo con la Ferrari per la fornitura delle power unit, prolungato fino al 2025, e la sponsorizzazione del Biscione sono state tappe importanti. La fabbrica svizzera di Hinwil è stata dotata di infrastrutture all’avanguardia, con un moderno simulatore accanto alla galleria del vento. E la partnership con il colosso Audi è destinata a proiettare il team al vertice dopo il 2026. Inoltre Vasseur è abituato a trattare con i piloti: per lui hanno corso Lewis Hamilton, Sebastian Vettel e poi in F.1 il debuttante Charles Leclerc, oggi stella della Ferrari. Tutte buone ragioni per considerare Vasseur un manager validissimo. Ma la sfida che andrebbe ad affrontare alla Ferrari sarebbe diversa e assai più complicata.
Continuità La scuderia di Maranello viene da una stagione positiva, segnata dal ritorno alla vittoria dopo due annate di digiuno, con 4 GP conquistati da Leclerc e da Carlos Sainz. Ma il rendimento della macchina e del team è calato nella seconda metà del campionato, tanto che la Red Bull ha preso il largo verso il titolo con Max Verstappen e ora è a rischio anche il secondo posto nel Mondiale Costruttori per la rimonta prepotente delle Mercedes. Lo sviluppo della F1-75 ha avuto una battuta d’arresto rispetto alla concorrenza e sono aumentati gli errori di strategia e ai box. Qualcosa di molto simile a quello che era successo nel 2017 e nel 2018, quando alla guida del team c’era Maurizio Arrivabene e Sebastian Vettel si giocava il titolo contro Lewis Hamilton. La Ferrari che
Binotto prese in mano nel 2019, passando dal ruolo di direttore tecnico a quello di team principal, non era molto diversa da quella di adesso. Figure di vertice come Enrico Cardile, capo del telaio, e l’aerodinamico David Sanchez sono rimaste al loro posto fino a oggi. Eppure Binotto allora non riuscì a mettere a frutto il lavoro delle stagioni precedenti, permettendo alla squadra di fare il salto di qualità definitivo che le mancava. Anzi, è inciampato nelle ombre dell’inchiesta Fia sulla presunta irregolarità delle power unit di Maranello, smar
rendo la strada della competitività nelle due stagioni successive. È l’errore che non dovrà commettere il prossimo team principal ferrarista. Perché ora la base su cui costruire è senz’altro migliore di quella che aveva davanti Vasseur nell’estate di un anno fa, quando il presidente John Elkann cominciò a sondare lui e altri nomi per cercare un’alternativa a Binotto, su cui aleggiava già la sfiducia che poi ha portato all’isolamento attuale.
Punti Bisogna ripartire da una coppia di piloti che è una certezza: ridare fiducia a Leclerc, facendolo sentire un vero leader su cui si punta e a cui viene chiesto di guidare per mano il team, chiarendo finalmente le gerarchie rispetto al pur bravissimo Sainz. Bisogna migliorare una vettura che a inizio 2022 era la più veloce, ma poi ha risentito della nuova direttiva tecnica contro i saltellamenti e di uno sviluppo meno efficace di quello di Red Bull e Mercedes. Bisogna risolvere il rebus legato al degrado eccessivo delle gomme, sapendo che nel 2023 la Pirelli porterà pneumatici evoluti a cui adattarsi. E infine bisogna sistemare un team dove alcuni ingranaggi hanno dimostrato di non funzionare a dovere, cominciando dalla catena di comando che porta alle scelte tattiche del muretto, con conseguenti errori nei pit stop. La stabilità è importante, ma qualche volta serve anche il coraggio di cambiare.