GOL NEL DESERTO STRANI MA VERI
PRONTI VIA SARÀ UN MONDIALE STRANO MA VERO Stadi senza memoria, ma con tante stelle Godiamoci lo show e attenti agli “italiani”
Il calcio inizia oggi un viaggio nell’ignoto, si avventura in un pianeta mai attraversato. Alle ore 17 (19 locali), con Qatar-Ecuador, parte un Mondiale senza estate, senza cielo, senza storia e senza Italia. A Doha c’è un caldo estivo, le partite si trascineranno come re magi a ridosso della capanna di Betlemme...
l calcio inizia oggi un viaggio nell’ignoto, si avventura in un pianeta che non ha mai attraversato. Alle ore 17 (19 locali), con Qatar-Ecuador, parte un Mondiale senza estate, senza cielo, senza storia e senza Italia. A Doha c’è un caldo estivo, ma la collocazione nel calendario è atipica, le partite si trascineranno come re magi fino a ridosso della capanna di Betlemme, la finale si giocherà a una settimana dal Natale. Dalla nebbia e dalle caldarroste novembrine di San Siro al sole abbacinante e ai luquaimat di Doha, frittelle sciroppate. I campionati nazionali d’Europa sono stati tranciati in due, deformati e saranno necessariamente condizionati dal torneo del Qatar, perché alcuni giocatori potranno tornare infortunati, altri avviliti, altri appagati. Alla ripresa ci sarà traffico sui lettini dell’infermeria e degli psicologi dei club. Quando nel 2014 (ma ci pare il Neolitico) l’Italia disputò il suo ultimo Mondiale, volò per oltre quattro ore da Rio de Janeiro fino a Manaus, in Amazzonia, dove Mario Balotelli schiantò l’Inghilterra. Ogni grande manifestazione è sempre stata un volo di rondini,
QATAR
campioni che s’incrociano in cielo tra una partita e l’altra. Qatar ‘22 invece è un formicaio. Gli otto stadi, teatro delle 64 partite, sono tutti nel raggio di 50 chilometri da Doha, spostamenti rasoterra, un laborioso intreccio di bus e navette, come insetti che trasportano briciole di pane. Stadi nuovi di pacca o ristrutturati, tecnologicamente avanzati, con sistemi di condizionamento dell’aria che garantiranno una temperatura inferiore ai 27 gradi. Impianti anche fascinosi, come l’Al Bayt Stadium che ospiterà la partita inaugurale, ispirato dalle tende dei nomadi, o come lo spettacolare Stadium 974, il primo smontabile della storia, costruito con 974 container navali riciclati. Belli, ma pur sempre cattedrali nel deserto, senza memoria.
Polemiche Nella notte di Berlino 2006 giocava con noi il ricordo di Annibale Frossi, che vinse i Giochi del ’36 in faccia al Fuhrer. Wembley, nella finale di Euro ’21, ci restituì i gol di Capello e Zola e tracciò la via per i ragazzi di Mancini. Calarsi al Maracanà vorrà dire sempre intuire la corsa felpata di Pelé e i dribbling sghembi di Garrincha. I Mondiali più emozionanti sono quelli celebrati nelle cattedrali della memoria. Gli otto stadi del Qatar invece non hanno ricordi. Gli unici fantasmi del passato che si potranno intuire sono quelli dei 6.500 operai morti nei cantieri mondiali, denunciati da Amnesty International per le condizioni allucinanti di lavoro, per la mancanza di tutele e di libertà di movimento, per gli stipendi non pagati. Dalla torbida attribuzione del Mondiale al ricco Qatar fino alla polemica sui lavoratori asiatici importati per tifare a pagamento, si è allungata una catena di situazioni sconcertanti che ha sollevato ovunque l’idea del boicottaggio e suggerito la fascia da capitano arcobaleno come denuncia delle discriminazioni e della negazione dei diritti umani. Inizia oggi il Mondiale in un Paese che limita i diritti delle donne e della comunità LGBT; che considera l’omosessualità una “malattia
Un torneo senza precedenti Spostamenti ridotti al minimo, i giocatori sono meno spremuti
mentale”; che affligge la libertà d’espressione, di stampa e di dissenso. Se l’Inghilterra ha l’idea fissa, un filo tronfia, ma storicamente legittima, di riportare a casa il calcio, non possiamo dirlo per il Qatar. Lo sport educa alla democrazia perché la linea di partenza e d’arrivo vale per tutti; all’inclusione perché è confronto senza pregiudizi; alla pace perché è rispetto dell’avversario e delle differenze. La sensazione forte è che, a questo giro, il calcio giochi in trasferta.
Achille ed Ettore Detto dell’atipicità spesso sconcertante di Qatar ’22, con altrettanta chiarezza, diciamo però che oggi non inizia la caricatura di un
Mondiale, ma un Mondiale vero che, dal punto di vista agonistico, ha tutto per appassionare. Anzi, addirittura qualcosa di più, perché la collocazione autunnale consegna al torneo giocatori al culmine della condizione e non spremuti da una stagione intensa, come avviene in genere, specie per i reduci dalla Premier League, agonisticamente logorante. Manca l’Italia, okay, la Regina d’Europa, una coltellata al cuore, ma per il resto c’è il meglio e i temi d’interesse sono affascinanti. È il primo Mondiale senza Diego Maradona sulla terra, l’ultimo per Leo Messi che, dopo 7 Palloni d’oro e 4 Champions, vuole mettersi in bacheca un trionfo con la nazionale. L’oro olimpico di Pechino e l’ultima Coppa America non bastano. Ma la conquista del trofeo continentale al Maracanà, nella tana del grande nemico, ha trasfigurato la Pulce in un vero leader, come non è mai stato. All’ultimo tango, Messi, 35 anni, brucia d’orgoglio e vuole finalmente conquistare il mondo. Come Diego.
Ma divampa anche l’orgoglio di Neymar, non tanto per il saccheggio della Coppa America, quanto per il Mineirazo 2014, l’umiliante 7-1 inflitto dalla Germania, che, come a ogni brasiliano, gli è rimasto tatuato sul cuore. Aver assistito impotente, infortunato, allo sfascio, gli fece ancora più male. Ma nei quarti del Mondiale russo c’era e, cadde, deludente, ai piedi del Belgio di De Bruyne. Anche per O Ney, a 30 anni, è arrivata l’ora della verità. Nel Brasile di Vinicius e dei talentini offensivi, ma anche della solidità di Casemiro e Danilo, sente profumo di rivincite. Messi e Neymar, compagni mai troppo amici, Achille ed Ettore nell’Iliade qatariota. Il terzo parigino al soldo di Nasser Al-Khelaifi, Kylian Mbappé, guida un’altra favorita: la Francia campione in carica che, a centrocampo, compensa due assenze poderose (Kanté, Pogba) con la talentuosa freschezza di Tchouameni e Camavinga e con il rifiorito Rabiot. In attacco deve fare a meno del Pallone d’oro in atto, Benzema, ma si consola con quello del futuro, Mbappé. CR7 completa la galassia delle primissime stelle. Che gran storia la sua… Scaricato e umiliato dal Manchester United, ha voglia di spaccare il mondo. Anzi, il Mondiale, in un Portogallo che trasuda qualità.
Ci sarà tanta Serie A in campo Da Giroud a Vlahovic e Zielinski possiamo scegliere per chi tifare
Serie A L’eterna caccia alla volpe dell’Inghilterra, che dura dal ’66, prosegue in Qatar. La scioccante sconfitta nella finale europea ha fatto maturare ulteriormente una generazione di campioncini. Kane e colleghi, come detto, avranno gambe più fresche del solito. Occhio. E occhio, naturalmente alla Spagna dal palleggio facile e alla Germania che è come l’olio: in un Mondiale viene sempre a galla. Anche la generazione di Mertens e De Bruyne guida il Belgio all’ultima danza. L’Italia non c’è. Ma ci siamo già pianti addosso abbastanza. Godiamoci il Mondiale degli altri, con attenzione particolare, magari, ai giocatori del cuore. I milanisti adotteranno la Francia di Theo e Giroud o il Portogallo di Leao? Gli juventini il Brasile difeso da Danilo, Alex Sandro e Bremer o la Serbia che attacca con Kostic e Vlahovic? I napoletani assisteranno al derby Lozano (Messico)-Zielinski (Polonia) che incroceranno Lautaro (Argentina) nel Girone C e sarà già Inter-Napoli del 4 gennaio… Godiamoci il Mondiale senza pensare troppo ai rigori di Jorginho. Ma sì, tiriamocela un po’ che siamo Campioni d’Europa. Mettiamola così: in Qatar il mondo sceglie il suo sfidante che tra quattro anni se la vedrà con noi.