«ORA BATTERE LA MIA ARGENTINA È DURA PER TUTTI LAUTARO ESEMPIO È L’UOMO IN PIÙ»
Il c.t. dell’Albiceleste: «Nessun ko da 36 gare? È solamente un numero Dybala? Giocatore fondamentale»
Argentina un anno fa ha vinto, al Maracaná, la Coppa America. Un trionfo atteso 28 anni. Ora prova a prendersi il Mondiale, che manca dal 1986. Lo vuole fare per Lionel Messi e tenta di farlo con un altro Lionel, Scaloni. C.t. umile e intelligente partito ad interim per 6 partite e in carica da 4 anni, il primo che è riuscito a far capire agli argentini che a forza di rimpiangere Maradona si rischiava di buttar via Messi.
3Al fischio finale col Brasile sono andati tutti ad abbracciare Leo.
«Chiaro, mezzo mondo sarebbe andato ad abbracciarlo. È stata una cosa spontanea: ciò che rappresenta Messi per il resto della gente vale anche per i suoi compagni. Si vince tutti insieme ma il fatto che la vittoria gli sia stata negata per tanto tempo ha generato un plus di felicità. Noi siamo arrivati alla guida di una nazionale che aveva perso tre finali in 3 anni, due in Coppa America e quella del Mondiale, e un cammino a Russia 2018 estremamente complicato. Tra i tifosi e i giocatori si era instaurato un pensiero pessimo: “Non vinceremo mai”. Il successo in Coppa America ha spezzato questa catena, Leo si è tolto un peso e la gente si è avvicinata alla nazionale, ma i germi del cambio erano stati piantati prima, nella sconfitta col Brasile nello stesso torneo di due anni prima».
3La vostra ultima sconfitta, non perdete da 36 partite. L’Italia
di Mancini è arrivata a 37.
«Un numero, nulla di più. Non meritavamo di cadere col Brasile, potevamo perdere altre partite. Le statistiche sono lì per essere superate e per me non valgono nulla. Stiamo bene ma non siamo certo invincibili, e meno in un Mondiale. Apprezzo due cose: la prima, è difficile battere questa Argentina, la seconda, questa squadra ha fatto breccia nella gente. Si è creata una gran chimica tra calciatori, tifosi, tecnici e dirigenti e resterà, comunque vada il Mondiale».
3E come andrà?
«Difficile dirlo. È un Mondiale atipico, senza alcuna preparazione per me come per qualsiasi altro allenatore. Stiamo fronteggiando diversi problemi fisici e ci sono cose legate alla forma che non possiamo controllare. E poi c’è il Mondiale, che è una competizione molto traditrice, non sempre vince il migliore. Però sappiamo cosa vogliamo e come vogliamo giocare».
3 Come ha costruito questa Argentina? Partiamo dallo staff.
«Pablo Aimar era con me quando allenavo l’Under 20, e giocavamo insieme già nel Mondiale della stessa categoria del 1996. Un tipo che vale oro, perché è rispettato da tutti e ha la parola giusta in ogni momento. Io sono impulsivo, lui offre grande tranquillità. Walter Samuel è l’amico di una vita: avremo avuto 9-10 anni, viveva nel “pueblo” vicino al mio, passava a prendermi e andavamo ad allenarci insieme al Newell’s. Un difensore tra i migliori al mondo e lo stesso modo d’intendere la vita che ho io: uno di gruppo. Il “Raton” Ayala è stato un gran leader, e quando le cose si complicano sa sempre come tranquillizzare il giocatore».
«Sappiamo come vogliamo giocare: qualità palla al piede, trincerati senza»