EURO 21 MANCINI Austria andata e ritorno
RITROVIAMO CHI CI SPAVENTÒ A «È DURA, L’IDEALE PER CRESCERE» Spiega Roberto: «Contro un avversario più organizzato cerchiamo di confermare quanto mostrato in Albania»
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i sembrò una sofferenza quella partita, figuriamoci questa. Cinquecentododici giorni dopo, di nuovo l’Austria: il 26 giugno 2021 il fischio finale del signor Taylor, inglese, fu una liberazione, un cancello che i gol di Chiesa e di Pessina (e una paratissima di Donnarumma) spalancarono solo nei supplementari su un percorso da quella sera chiarissimo. Poteva portare, e ci portò, fino al trionfo di Wembley. Alla notte che ci apparve come il primo tratto di un’ulteriore passerella: doveva guidarci nel giro di qualche mese dritti fino al Qatar. Doveva. Stasera, Ernst Happel Stadion di Vienna, il fischio iniziale (o finale, cambia poco) del signor Dingert, tedesco, sarà l’inizio di una prigionia: un mese di carcere senza Mondiale, se non visto da lontano. E inizieremo a viverlo da reclusi proprio lo stesso giorno in cui il mondo sposterà gli occhi su Doha. L’ultima penitenza prima del supplizio, e pure al freddo: sono previsti zero gradi. Roberto Mancini l’ha recitata fra sé e sé, e l’ha già dovuta recitare a voce alta, chissà quante volte. Ieri ha cercato di risparmiarsela: «Meglio giocare al caldo, certo. Ma la sofferenza ci sarà fino a dicembre e bisogna soffrire. E la prossima volta essere più precisi: se vuoi giocare il Mondiale non si può fare il minimo errore. La mia favorita? Dico Argentina, ma le squadre forti sono tante. E ora parliamo della nostra partita che è meglio, altrimenti ripetiamo le stesse cose».
Ultimo test L’Austria, dunque: «Fu una delle partite più difficili dell’Europeo - ha ricordato il c.t. e domani sarà lo stesso». Ma quel 2-1 contro la squadra allora allenata da Foda, così spiegarono a posteriori tanti protagonisti della cavalcata, fu il successo chiave: al primo “dentro o fuori” del torneo, l’Italia si scoprì forte e solida nell’anima ancor prima che bella nell’abito. Quelle sensazioni che aiutano a trasformare una speranza in consapevolezza, dunque in obiettivo. L’Europeo si iniziò a vincere davvero quella sera: il prossimo, quello che siamo costretti a considerare il “nostro Mondiale”, si inizia a giocare a marzo, con le qualificazioni, ma un po’ anche con questo ultimo test prima del cammino vero. Un’anteprima delle prove di decollo verso Germania 2024. Per questo il c.t. ci tiene che l’Italia non sbagli neanche stasera e sente di potersi fidare della squadra che gli sta nascendo in mano: «I ragazzi, già subito dopo la delusione dell’eliminazione, mi hanno dimostrato la voglia di ripartire subito, senza fermarsi. E questo per me è stato un grande segnale». Per questo non gli dispiace affrontare «un’avversaria molto aggressiva, con tanti giocatori abituati al ritmo sostenuto della Bundesliga e Arnautovic che è uno dei migliori talenti degli ultimi 15 anni: grande tecnica e sa far giocare la squadra».
Rimpianti «Guardare e basta il Mondiale sarà una sofferenza La mia favorita è l’Argentina»
Ancora 3-4-3 Per questo, soprattutto, disegnerà l’Italia immaginando ancora una sintesi del lavoro di rivisitazione, più che ricostruzione, che sta facendo dopo la mancata qualificazione al Mondiale: un po’ diversa, ma non meno equilibrata rispetto a quella di Tirana. Dunque giovane il giusto e non troppo “sperimentale”, se non magari a partita in corso. E ancora, anche se resta possibile il 4-3-3, col 3-4-3: «È la soluzione più probabile, perché voglio vedere se le cose fatte in Albania possono migliorare. Alcune situazioni sono state gestite bene, altre con difficoltà: un test più complicato può farci capire meglio se è il caso di riproporle».
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