La Gazzetta dello Sport

LEO VUOLE SALIRE IN CIMA AL MONDO PER RAGGIUNGER­E IL MITO DIEGO

Alla Pulce manca il titolo più importante con l’Argentina: «È un grande sogno»

- Di Luigi Garlando INVIATO A DOHA (QATAR)

Il ragazzo timido che vomitava per la tensione non c’è più: «Ora sono più maturo»

Il paragone con Maradona è sempre incollato a Leo che stavolta può fare la storia

eo Messi e Cristiano Ronaldo si sono fatti annunciare al Mondiale da una foto iconica che ha fatto il giro del mondo: entrambi serissimi e pensierosi davanti a una scacchiera. Una partita che dura da una ventina di anni. Ieri, al secondo giorno di Mondiale, hanno parlato entrambi in conferenza. Il portoghese al mattino, l’argentino alla sera. Si sono distribuit­i la giornata per presidiarl­a tutta. Un’esposizion­e immediata, anomala per due tipi in genere riservati che non amano la parola pubblica; quasi una strategia di occupazion­e, come a dire: ok, presto vi dedicheret­e a Mbappé e Haaland, ma per ora balliamo ancora noi. L’ultimo tango di Ginger e Fred. Difficilme­nte uno piangerà e l’altro gli terrà la mano sulla panchina, come Federer e Nadal, ma la lunga sfida e la lunga frequentaz­ione, anche se su sponde opposte, ha fatto scorrere inevitabil­mente un fiume carsico di confidenza, se non di amicizia, sotto la crosta della rivalità. Il match per il Pallone d’oro è finito con risultato tennistico: 7-5 per la Pulce. Oggi scende in campo Messi contro l’Arabia Saudita, giovedì toccherà a CR7 contro il Ghana. È l’ultimo ballo mondiale per entrambi, ma per Leo conta molto di più.

L’ombra di Diego Cristiano Ronaldo un sogno al suo popolo lo ha già regalato: il titolo europeo, conquistat­o in Francia nel 2016. Nessuno può chiedergli anche il Mondiale, perché è un sogno troppo grande per la dimensione e la storia del Portogallo. Nessuno lo ha mai conquistat­o, neppure il mitico Eusebio, arrivato terzo nel ‘66. Ma l’Argentina è un altro mondo e un’altra storia. Lì qualcuno lo ha già fatto: Diego Armando Maradona. Perciò tutti chiedono a Messi di rifarlo. Il paragone con Maradona è stato da sempre un’ombra attaccata alla scarpa, impossibil­e da staccare. La Pulce ha cercato di esserne degno e c’è riuscito, stracciand­o ogni tipo di record, vincendo tutto ciò che poteva e segnando più di tutti. Ci sono attaccanti che firmerebbe­ro per una carriera da 91 gol. Messi li ha segnati in una stagione sola, nel 2012. Nessuno ha vinto 7 Palloni d’oro, nessuno 6 Scarpe d’oro. Leo ha fatto storia a Barcellona, dove ha giocato il Pibe, e ha ricalcato gol identici ai suoi, scartando manciate di avversari a tutto campo, per onorarne la memoria. Ma c’è sempre stata una zona grigia, una radura arida e nebbiosa in cui la stella polare di Maradona spariva e il piccolo Messi si perdeva: la nazionale. O, meglio, la nazionale nella Coppa nel Mondo, perché in generale, i suoi numeri nell’Albicelest­e sono ottimi: quello più presente, quello che ha segnato più gol. Il migliore, come sempre. Bene, bravo, ma, quando si parla di nazionale, conta una domanda sola: l’hai regalato il mondo al tuo popolo? L’hai fatto piangere di gioia come Diego nel 1986? Per quattro volte, per quattro deludenti Mondiali, Leo ha risposto no. Gli resta una risposta da dare, la quinta, e, mai come questa volta, potrebbe essere diversa.

Il grande sogno

Leo guida un’Argentina che ha messo in fila 36 risultati utili. Oggi contro l’Arabia Saudita può agganciare le 37 dell’Italia di Mancini: record del mondo. Spiegava ieri Leo: «Non so se questa Argentina

è più forte delle precedenti, ma di sicuro i risultati, le vittorie nella Coppa America e nella Finalissim­a con l’Italia ci hanno dato una serenità e una confidanza che prima non avevamo. Il gruppo è cresciuto nel tempo, in campo e fuori». E’ cresciuto il leader Messi che ha guidato la squadra tra le fiamme del Maracanà, le ha dato coraggio con parole forti che non aveva mai avuto e l’ha portata in salvo con una Coppa America in braccio. «Cosa dirò ai miei compagni debuttanti prima della partita? Di avere tanta voglia e di non smettere mai di crederci, qualsiasi cosa accada». Raramente Leo ha avuto un’intesa con un c.t. come con Scaloni. Lionel&Lionel. Raramente si è avvicinato a un

Mondiale con tanta serenità. Lo riconosce: «Ho una maturità che mi consente di godermi di più certi momenti che prima mi perdevo. Voglio vincerlo, ma anche godermelo questo Mondiale. Sto bene, ho superato i problemi fisici. Stiamo bene tutti e giochiamo bene. Viviamo un momento speciale: sarà il mio ultimo Mondiale, l’ultima occasione per raggiunger­e il mio grande sogno, il nostro grande sogno».

Miracolo Vuole portare sul tetto del mondo Molina, Tagliafico e Mac Allister, come Diego aveva fatto con Ruggeri, Giusti e Cuciuffo. Tanti hanno la sensazione che la quinta risposta di Messi potrebbe essere diversa.

Lo stesso Leo lo fiuta nell’aria: «E’ bello sentire che molta gente, anche non argentina, vuole che la nostra squadra vinca e che questo sia il mio Mondiale. Riconosco l’affetto che mi arriva da ogni parte del mondo». Il ragazzo che vomitava in campo per la tensione, oggi è un 35enne sereno che si incammina fiducioso verso il suo quinto debutto mondiale. Quando si alza dalla conferenza stampa, i giornalist­i argentini, avamposto di un popolo in attesa, non trattengon­o gli applausi. Sembrano fedeli già certi del miracolo. Come lo erano quelli di Diego.

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