Torna al centro della Danimarca dopo il dramma «Tutto speciale» HA GIÀ VINTO
L’ex Inter continua la sua rinascita Il c.t. danese: «Più forte di prima»
In 528 giorni tante cose puoi fare. Puoi camminare passo passo con la vita, ad esempio, senza chissà quali scossoni. Oppure puoi abbracciarne un’altra, cominciarne una nuova, strizzare l’occhio al destino assecondandolo, senza che sia lui a travolgere te. Cinquecentoventotto giorni dopo rieccoci qui, Cristian Eriksen. Uno che col destino ha giocato a braccio di ferro. L’ha assecondato, l’ha saputo placare quando tutto pareva buio, vedendo luce dove non c’era. Ma poi ha vinto. Ha vinto, a pensarci bene, già quel pomeriggio del 12 giugno 2001 in cui ha dato un bacio alla morte e poi è tornato indietro. Aveva perso tutto, in quell’Europeo, quel maledetto giorno al Parken di Copenaghen. Stasera, in un Mondiale, si riprende tutto. «Essere qui è speciale», ha detto il centrocampista. Che possono essere le parole più banali del mondo, ma qui invece sono profonde e non c’è neppure bisogno di spiegare il motivo.
Migliore Danimarca-Tunisia di oggi pomeriggio è la faccia di Chris. È la maglia numero 10 della nazionale di Hjulmand in mezzo ad altri 10 compagni di squadra, non ce ne vogliano i compagni stessi. Stadio Education
City, in mezzo ai campus universitari di Doha, ecco un campione che non vuole più silenzio intorno a sé. Perché il silenzio, di quel 12 giugno 2021, è ancora rumorosissimo nelle orecchie di chi c’era, di chi allo stadio l’ha visto accasciarsi in maniera innaturale e subito ha capito. Arresto cardiaco, arresto di tutto. «Per cinque minuti sono morto», ha raccontato tempo dopo il giocatore. E lì, ecco la vita a metterti davanti a un bivio. Smettere o continuare, quella è stata la prima decisione da prendere. Viva la seconda. Seconda scelta e seconda vita. La prima non si dimentica, la seconda è un po’ come vedesse stasera la chiusura di un cerchio. In mezzo Eriksen ha dovuto lasciare l’Inter, perché le regole in Italia vietano di giocare con un defibrillatore sotto pelle (e poi però può farlo in Premier League e pure al Mondiale, forse qualche domanda in proposito bisognerebbe porsela). Si è ripreso l’Inghilterra, la Danimarca, oggi un pezzo di mondo. «Dopo quel che mi è successo, ho apprezzato soprattutto lo stare vicino a chi mi vuole bene. Tutto il resto, anche il calcio, è venuto di conseguenza». La conseguenza l’ha spiegata, a modo suo, Morten Wieghorst, vice allenatore della Danimarca: «Lo dico senza dubbi, per me Eriksen oggi è un giocatore ancora più forte di quel che era prima dell’incidente».
Feeling Adesso, però, Chris paradossalmente ha un compito
più difficile. Perché nei giorni dopo quell’arresto cardiaco fu la fonte di ispirazione di un gruppo che invece di sfaldarsi, intorno a quell’episodio incredibilmente si cementò fino a sfiorare la finale dell’Europeo. Ora quell’effetto lì è svanito. Chris è oggi atteso a una sfida “solo” sportiva: guidare i suoi con i piedi, con la tecnica, la leadership, i colpi della diversità tipici di un campione. In questi giorni chi l’ha visto allenarsi lo descrive in ottima forma, fisica e psicologica.
Legami Con il c.t. Hjulmand ha un feeling speciale. Le parole che l’allenatore ha speso su di lui lo confermano: «Christian è il giocatore più forte di Danimarca, ma per me l’uomo è ancora migliore. Ha 30 anni, il calcio più bello da esprimere ce l’ha davanti e non alle spalle. È una grande motivazione averlo con noi». Su di lui saranno puntati gli occhi di tutti, oggi pomeriggio. Anche, se non soprattutto, quelli dei tifosi dell’Inter, che con il danese non hanno mai spezzato il legame. «Non sarei voluto andare via, ma per via dei regolamenti per me era impossibile restare», ha confessato il centrocampista. Troppa la voglia di giocare ancora. Troppa la voglia di correre incontro all’amore. L’amore può essere tutto. Anche un pallone. E quando chiama, sei disposto a tutto. Anche a ricominciare, se te lo chiede il destino. Rieccoci Chris, 528 giorni dopo.