FASCIA VIETATA LA FIFA HA PERSO UN’OCCASIONE
Ora stiamo esagerando. Va bene tutto. Va bene un Mondiale d’inverno nel Qatar dove d’estate quasi non si respira, altro che giocare a calcio. Va bene che, dopo la votazione più scandalosa di sempre, non si possa più cambiare sede. Va bene che è sempre colpa di quelli che c’erano prima. Va bene che, all’ultimo, il Qatar decida unilateralmente di proibire la birra attorno agli stadi (si sfiora il ridicolo soltanto a dedicare due righe a questa storiella). Ma sulla fascia “One love” non si può scherzare col mondo, fingendo che esporla equivalga a prendere una posizione politica o religiosa, o, peggio ancora, che non rispetti le “regole sull’equipaggiamento delle squadre”.
Bob Marley in “One love” invitava a dimenticare tutte le differenze e essere una cosa sola. Alla Fifa farebbero bene a rendersene conto prima che sia troppo tardi. Lo scenario è già decisamente autolesionista.
La sintesi di tutti i discorsi sul rispetto dei diritti in Qatar è questa: se un capitano indossa la fascia colorata, per ricordare i diritti Lgbtq+ calpestati liberamente in Qatar, rischia l’ammonizione. Con lo stesso metro, l’ambasciatore del Mondiale che ha definito l’omosessualità «una malattia mentale» andrebbe squalificato fino al 2050. Naturalmente le squadre hanno fatto marcia indietro: dopo aver speso quattro anni per prepararsi, non vogliono rischiare una diffida per “rispetto dei diritti civili”. Peccato soltanto che in Qatar non conoscano una delle strepitose parodie di Checco Zalone: il padre preoccupato che il suo bambino possa crescere con “tendenze” strane e gli spiega come gli “uomini sessuali” fossero “malati”. Ma a Doha la comicità è involontaria.
Siamo stanchi che le prese di coscienza scelgano sempre il calcio. A casa dei dittatori non si può giocare, una Champions a Istanbul e una Supercoppa in Arabia sono inaccettabili. Però le bilance commerciali spiegano che tutti gli altri rapporti sono permessi, anzi incoraggiati. Il mondo annega nel politicamente corretto. Le iniziative ossessive a tutela di un qualche diritto finiscono col cancellare l’effetto di un atto simbolico: tanto rumore diventa silenzio. Ma vedere in campo Neuer, Eriksen, Van Dijk, Kane con un simbolo sincero, solidale, sparato in mondovisione contro l’oscurantismo, avrebbe avuto ben altro effetto, e procurato minimo una bella ulcera a tutti i preistorici di questo tempo. Sarebbe coraggioso e visionario sfuggire a una interpretazione letterale delle regole. Qui nessuno sta violando l’estetica. Nessuno sta esponendo una falce e martello o, per carità, una svastica. Nessuno sta affermando che un dio è meglio d’un altro. Qui si sta proclamando l’uguaglianza a prescindere dal sesso. Come scriversi “pace” sulla maglia. Ah, no, scusate: forse non sarebbe ammissibile perché può disturbare chi preferisce la guerra. Fifa, ripensaci, c’è un mondo che fatica a capire.
Esibire un simbolo di uguaglianza avrebbe portato un messaggio contro l’oscurantismo