La Gazzetta dello Sport

Il popolo argentino piange: «Incredibil­e»

Lo sconforto tra i tifosi dell’Albicelest­e: «Noi presuntuos­i e senza idee, che male»

- Di Filippo Maria Ricci INVIATO A DOHA (QATAR)

La voce del muezzin si spande senza ostacoli sullo spiazzo di terra desolato dell’Università del Qatar, la più grande del Paese. Il sole tramonta sulle finestre della residenza dell’Argentina, arrossando e poi oscurando il cielo. La polizia allontana l’unico testimone del mesto ritorno a casa di Leo Messi, come se volesse proteggere da sguardi indiscreti la disperazio­ne che ha colpito l’Argentina. Dagli applausi in sala stampa ai due Lionel, Scaloni e Messi, in chiusura di una conferenza piena di tronfia sicurezza, con domande assurde dettate dalla convinzion­e che la partita con l’Arabia Saudita fosse una banale formalità da espletare in maniera rapida e gloriosa, al brutale richiamo alla realtà. L’Argentina qui a Doha dorme con la Svizzera di fronte, la Spagna a sinistra, l’Olanda alle spalle. Ma è isolata, in ritiro non fanno entrare nemmeno il Kun Aguero, che se n’è lamentato.

Solitudine E ieri sera l’Argentina sembrava ancora più sola. Ad attendere i campioni del Sudamerica non c’era un’anima. L’Università è lontana dal centro ed evidenteme­nte nessuno dei seimila argentini che hanno speso una fortuna per venire a Doha ha intenzione di sobbarcars­i un viaggio nel traffico costoso e inutile. Non c’è voglia di mostrare appoggio alla “Scaloneta”, il vezzoso soprannome dato alla nazionale argentina che indicava unità, forza e uno sciagurato senso d’imbattibil­ità. La delusione è troppo grande. Ma non ancora tanto grande per spingere gli hinchas ad andare a urlare la propria rabbia a Leo e gli altri.

In centro mestamente

No, dal Lusail, lo stadio che entrerà dritto nella storia nera del calcio argentino come San Siro nel 1990 quando Maradona e i suoi campioni del mondo furono sorpresi dal Camerun, i tifosi sono tornati in centro. «È stato incredibil­e. Incredibil­e. Cantavamo, tutto andava per il meglio, la goleada era nell’aria. E poi, improvvisa­mente… Tutto è cambiato. La squadra si è persa, e noi abbiamo perso la voce e la voglia di cantare». C’è chi la mette sul piano economico: «Dà fastidio pensare a quanti soldi abbiamo speso, a quanto guadagnano i giocatori e alla figuraccia che abbiamo rimediato». Chi su quello tecnico: «Abbiamo giocato male. Non nel primo tempo, ma sicurament­e nel secondo, quando l’ansia ha avuto il sopravvent­o sul talento. Sembrava

non avessimo idee, e Messi non era al meglio, anche se lui ha detto il contrario». Poi un briciolo di luce: «Anche nel 1990 siamo partiti con una sconfitta, e siamo arrivati in finale. Non tutto è perduto».

La presunzion­e Già, ma nell’area intasata del Souq Wakif e sul mare lungo la Corniche il contrasto è evidente. Frotte di sauditi ballano, fanno su e giù in cortei rumorosi e pieni di gioia e cantano allegri: «Messi a casa!» ripetono come un mantra. Felici. Increduli come gli argentini. Che girano sparsi e scarsi in questa marea verde per le bandiere e le maglie e bianca per i vestiti con la testa bassa e lo sguardo perso. Non c’è animosità nei loro confronti da parte dei sauditi, piuttosto compassion­e. E poi gli argentini sono in minoranza, in tanti dallo stadio sono andati in albergo: c’è un caldo appiccicos­o che fa sembrare l’Argentina ancora più lontana e rende questa sconfitta ancora meno sopportabi­le. «Presunzion­e. Questo è stato il nostro problema — dice un tifoso che ha le guance e gli stinchi dipinti di bianco e celeste —. Li abbiamo presi sottogamba, si pensava di vincere facile e per questo la botta è arrivata inattesa e dolorosa. Fa male, molto male».

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 ?? ?? Stupore e delusione. È stato un giorno nero per gli argentini in Qatar: il ko con l’Arabia Saudita entra nel libro nero della storia sportiva dell’Argentina. E la maschera di Messi non è bastata...
Stupore e delusione. È stato un giorno nero per gli argentini in Qatar: il ko con l’Arabia Saudita entra nel libro nero della storia sportiva dell’Argentina. E la maschera di Messi non è bastata...
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Le facce della disfatta
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AP/AFP/GETTY

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