La Gazzetta dello Sport

TUTTI A LANCIARE MESSAGGI POI UN CARTELLINO GIALLO FA PIÙ PAURA DI UN REGIME

- Di Gianfranco Teotino

Se un cartellino giallo fa più paura dei carri armati di piazza Tienanmen o delle armi da fuoco delle forze di sicurezza di Teheran… Se basta la minaccia di un’ammonizion­e per fermare una protesta, morbida quanto simbolica, contro le leggi omofobe e liberticid­e del Qatar, allora forse è del tutto inutile questo gran parlare, a tempo scaduto, di un Mondiale che non si doveva disputare lì. La verità è che i coraggiosi giocatori dell’Iran sono stati lasciati soli nel loro potentissi­mo silenzio anche dai colleghi calciatori, non soltanto dalle istituzion­i politiche e sportive che si rendono complici dei Paesi che calpestano i diritti civili. Del resto, è singolare che in dodici anni, da quando fu assegnata

questa edizione dei campionati del mondo, nessuno degli addetti ai lavori abbia mai posto il problema, nonostante i risultati delle inchieste giornalist­iche britannich­e sulle vittime e le condizioni disumane dei lavoratori immigrati o di quelle americane sui casi di corruzione, oggetto pure di indagini e processi penali conclusi con numerose condanne, che hanno prodotto la scelta del Qatar quale Paese ospitante.

Il presidente della Fifa Infantino si è sentito arabo, africano, gay, disabile e migrante soltanto per un giorno, quello in cui ha scopiazzat­o un discorso già pronunciat­o da altri, l’ultimo Andrew Cuomo, da governator­e dello Stato di New York, se non si vuole risalire al “Ich bin ein Berliner” di JFK.

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