RICHARLISON ROVESCIA IL MONDO
Dalla favela a Conte Una nuova stella illumina il Brasile
Cornice, esterno giorno. L’attesa per la Seleçao cresce, il lungomare di Doha si presta perfettamente. Eccolo lì, un gruppo di tifosi brasiliani che balla a ritmo di capoeira, spettacolo e divertimento garantito. Peccato per chi non c’era, per chi s’è perso la scena. Peccato perché avrebbe visto con qualche ora in anticipo il gol di Richarlison, un gol che è solo folle immaginarlo, figurarsi farlo in un Mondiale. È capoeira pura anche quella che si è vista in campo. È arte, ballo, lotta e tecnica messi insieme, è una candidatura a rete del torneo dopo appena cinque giorni di partite: vallo a trovare, un gioiello più luminoso da qui in poi.
Cambi e numeri
E sì che aspetti Neymar, che invece resta a secco. Di più: esce con una caviglia gonfia. Per i gol c’era bisogno di più immaginazione, quella legata a un attaccante ingrigito dal fumo di Londra – solo 435 minuti in Premier, neppure lo straccio di un gol in campionato col Tottenham di Antonio Conte – che sarebbe arrivato a illuminare Doha e il Brasile tutto con una doppietta. Per carità, qualche segnale c’era pure, a volerlo cercare. Il “9” è maglia che pesa. Che può schiacciarti o esaltarti, nella Seleçao. È il numero con più gol brasiliani in un Mondiale, passando da Baltazar a Careca, da Ronaldo a Fred. Erano 41 fino a ieri. Ora sono 43. Merito anche di un cambio... tattico nella numerazione. Perché Fred, nel 2014, era stato l’ultimo 9 verdeoro a segnare in una fase finale di Coppa del Mondo. Nel 2018 la serie si era interrotta, Gabriel Jesus era rimasto al palo. Eccola, allora, la svolta strategica. Chissà se scaramantica, di sicuro produttiva. Gabriel Jesus in Qatar c’è, ma indossa il 18. Il 9 è finito sulle spalle di Richarlison e l’astinenza è finita, 943 minuti dopo l’ultima rete.
Ghiaccioli e farfalle
È uomo da numeri veri, l’attaccante. Nelle ultime cinque e da titolare con la Seleçao, tre doppiette e mai una volta è rimasto a secco. Da quattro anni a questa parte, da quando debuttò nel 2018, ha segnato già 19 volte: nessuno come lui, nel periodo. Ecco perché, quando i giornalisti brasiliani nei giorni scorsi gli hanno chiesto come si sentisse, lui ha risposto sorridendo: «Bene, molto bene, annuso aria di gol». Annusava bene. Un gol di rapina, l’altro in acrobazia: come a dire, si può essere 9 e 10 allo stesso tempo, si può usare la spada e il fioretto e portare a casa lo stesso straordinario risultato, per se stessi e il Brasile tutto. Richarlison è di Nova Venecia, città fondata da emigrati veneziani: da quelle parti si producono ed esportano graniti di tutti i colori. In realtà i suoi colori, da ragazzino, erano giusto quelli dei ghiaccioli che vendeva: era il suo lavoro, a 11 anni, nella favela. Già dai quattro, però, fantasticava altro. Quando ne aveva sette, la mamma lo iscrisse alla prima scuola calcio. Di quel giorno racconta ancora oggi: «Sentivo le farfalle nello stomaco, perché sognavo che un giorno avrei vestito la maglia del Brasile, e avrei voluto farlo in un Mondiale». Alle farfalle non puoi mai dire di no. Quando arrivano, arrivano. Quando vogliono comunicarti qualcosa, devi starle a sentire. Quelle farfalle avevano ragione. Certo, forse neppure loro avrebbero mai immaginato che un giorno di 18 anni più tardi sarebbe arrivata una doppietta così. Di un ragazzo che ogni mese devolve il 10% del suo stipendio a un’associazione per i malati di cancro. Il bello e il buono, spesso, vanno d’accordo.