Murales, ricordi, emozioni Due anni senza Maradona E l’Argentina cerca aiuto
Diego Maradona aveva già smesso di giocare da tempo, quando nel 2005 gli arrivò l’offerta di un club di terza serie: «Vieni a farci divertire». Ma lui: «Mi dispiace, non penso di tornare, ormai ho quarantacinque anni e non posso mancare di rispetto alla palla». Ma che dici, Diego? Ma che cosa diresti oggi? Perché sì, anche oggi e ancora oggi – in una forma qualsiasi - una mano sapresti ancora come darla alla tua Seleccion, a una nazionale che è lì in bilico tra le lacrime e il sospiro, tra la vittoria e no, non una semplice sconfitta, ma il fallimento. Un giornalista argentino, nella conferenza di vigilia, ha chiesto al c.t. Scaloni se non avesse paura di perdere contro il Messico, se non temesse di andare incontro a una “catastrofe futbolistica”. Questo per dipingere un po’ il clima che accompagna l’Argentina. Ecco: pensate Diego come avrebbe risposto, a quel giornalista. Pensate cosa avrebbe fatto in questo Mondiale, tra diritti umani negati, fasce al braccio sparite, inni non cantati e giocatori inscatolati dentro protocolli rigidissimi. Avrebbe dribblato tutti, semplice. Avrebbe sorriso.
Aiutali tu
Stasera è Argentina-Messico, certo. E’ Leo Messi, ovvio, Leo che cerca un gran finale di carriera e soprattutto vuole riportare la nazione in cima al mondo. Ma la verità è che c’è Maradona ovunque, qui a Doha. C’è nei murales che incontri per strada: uno subito dietro la fermata della metropolitana sulla Corniche, un altro sui muri del Khalifa Stadium. E le foto che si sprecano, padri che spiegano ai figli, ma poi che cosa vuoi spiegare, non sarebbe mai abbastanza. C’è Diego in ogni angolo. E lasciate stare, non è per la ricorrenza del secondo anniversario della morte, giusto ieri. C’è Diego in tutti i video di presentazione del Mondiale, il suo gol all’Inghilterra. C’è nei canti dei tifosi dell’Albiceleste: se servisse una media un po’ artigianale, due bandiere su tre parlano del Diez, raccontano quel che è stato, orgogliosamente è stato per il suo popolo. «Parliamoci chiaro, giocare per l’Argentina non è come giocare per qualsiasi altra nazionale», ha detto ancora Scaloni. Maledetta e benedetta pressione, il peso di un popolo da portare sulle spalle. Diego con quel peso scherzava. Di più, lo chiedeva, se lo andava a cercare con le parole, quando gli avversari non erano abbastanza stimolanti. Quel peso lo rendeva felice. «E io se non sono felice dentro, non riesco a giocare da campione», una sua celebre frase. Ecco, anche soltanto in questo Maradona potrebbe essere utile oggi, per Messi e compagni. Nel piazzare un sorriso su volti che tradiscono sentimenti diversi rispetto alle parole di facciata dei giocatori dell’Argentina, alla fiducia che deve esserci nelle dichiarazioni ma poi vai a capire bene, sotto sotto.
Per lui
Chissà se Maradona da lassù conosce già il risultato di stasera. Magari gli avrà fatto piacere ascoltare il suo nome nelle parole della
vigilia, una richiesta di aiuto estremo di una nazione. «Oggi (ieri, ndr) è una giornata triste, speriamo di regalare un sorriso a Diego da qualunque parte ci guardi», ha detto Scaloni. Non troppo distante dal concetto di Lautaro: «Diego è stata una persona molto importante, per noi argentini e per tutto il mondo. Lo ricordiamo bene. E vogliamo donargli una vittoria». Non sarà proprio d’accordo il messicano Lozano, mezzo messicano ma pure mezzo napoletano: «E infatti di lui ho il ricordo del giorno della morte, fu impressionante, una città completamente paralizzata». Paralizzata dall’amore, perché l’amore fa anche questo effetto.
Nel cuore di Doha il volto del Pibe è ovunque: un’icona per i tifosi dell’Albiceleste
Giornata dedicata Non c’è Mondiale senza Diego, questa è la verità. Non ci può essere perché in una Coppa del Mondo ci sono i migliori e Diego è stato il migliore, di tutti. E’ anche per questo che ieri Gianni Infantino, presidente della Fifa, ha annunciato che d’ora in poi, durante una fase finale, ci sarà sempre un “Maradona dia”, una giornata dedicata a Diego, anche quando si tornerà a giocare d’estate e il 25 novembre sarà lontano nel calendario. L’ha fatto durante una cerimonia dedicata al Diez, sotto l’Albero dei Sogni, davanti a una statua a grandezza naturale, in mezzo a compagni del Mondiale 1978 e del 1986, e ad altri campioni come Javier Zanetti, Diego Simeone e Hristo Stoichkov. Ma è esplosa tutta Doha, ieri. I tifosi argentini si sono riversati in serata nelle strade del centro, nella zona del Souq, e hanno cominciato a cantare per Diego tra mille bandiere. Altri sono andati a visitare all’aeroporto un museo dedicato al campione, all’interno di un aereo, con 450 cimeli messi a disposizione per l’occasione – guarda un po’ – da due tifosi napoletani. Tutti insieme, stasera, spingeranno Messi e soci a…essere felici ancor prima di giocare. Perché se sei felice, è poi più facile che tutto il resto vada bene.