Binotto ai titoli
LASCIA LA DIMISSIONI PRONTE BILANCIO IN ROSSO ECCO IL PERCHÉ Trova conferma l’anticipazione Gazzetta Atteso il comunicato dei vertici aziendali Nei 4 anni ha fatto peggio di Arrivabene
L’
avventura di Mattia Binotto a capo della Gestione Sportiva Ferrari è davvero ai titoli di coda. Manca solo il comunicato dei vertici aziendali a ufficializzare il divorzio. Era atteso nella giornata di ieri, ma poi è slittato, probabilmente per cercare una formula condivisa con cui formalizzare l’addio del team principal, il cui contratto sarebbe scaduto a fine 2023. È possibile che alla fine la versione sarà quella di un Binotto che ha dato le dimissioni, decidendo di lasciare la scuderia di Maranello, ma si tratterà di una versione difficile da credere, dopo la notizia pubblicata in anteprima sul sito internet della Gazzetta dello Sport il 15 novembre e poi il giorno successivo sul nostro quotidiano.
Il ruolo di Vigna In realtà, come scritto più volte su queste pagine, la fiducia dei vertici aziendali nei confronti del numero uno del team era venuta meno da tempo. Il presidente John Elkann avrebbe sondato alternative dall’estate dello scorso anno. E fra i nomi dei possibili successori ci sarebbe stato fin da allora quello del francese Frédéric Vasseur, capo della Sauber sponsorizzata Alfa Romeo e spinta dai motori Ferrari, che rimane tuttora il più papabile fra i candidati al posto di Binotto.
L’attuale team principal ha tenacemente ribattuto alle indiscrezioni che lo riguardavano, spingendo perché venisse pubblicata una smentita (uscita solo sul profilo Twitter del team Ferrari), e si è presentato all’ultima gara di Abu Dhabi sbandierando sicurezza, come se dovesse restare in sella nel 2023 e per altri dieci anni. Le ha definite voci «prive di ogni fondamento». Ma le affermazioni hanno retto lo spazio di soli dieci giorni e la messinscena è finita, assieme al destino ferrarista di Binotto. La decisione di cambiare rotta è frutto delle valutazioni di Elkann, consigliato dall’amministratore delegato Benedetto Vigna, figura di riferimento fin dall’arrivo in Ferrari nel settembre 2021. L’ex manager dell’industria hi-tech, che ha rivoluzionato gli schermi dell’iPhone e sta indirizzando il futuro “elettrico” del marchio, può intervenire anche nell’ambito della Ges. È presente alle riunioni tecniche, segue le gare in diretta dal “remote garage” di Maranello, insomma ha una visione generale. Di recente, in un’intervista ha detto: «Non sono soddisfatto del secondo posto. Il secondo è il primo dei perdenti». La Ferrari in effetti avrebbe dovuto raccogliere di più negli ultimi anni. Il 2022 non ha fatto eccezione: dopo un inizio entusiasmante, con i trionfi di Charles Leclerc in Bahrain e Australia, c’è stato un lento e inesorabile tracollo, a parte i sussulti vincenti a Silverstone e in Austria. Mentre la Red Bull ha vinto 17 gare e dominato con il secondo titolo Piloti di Max Verstappen e con quello Costruttori. Le illusioni si sono sciolte come neve al sole. E il rapporto fra Binotto e Leclerc si è deteriorato perché il ruolo di leader del monegasco è stato sacrificato a volte in favore del compagno di squadra Carlos Sainz.
Risultati negativi
Il bilancio del quadriennio di Binotto alla guida della Ferrari è negativo. Nettamente peggiore di quello del predecessore Maurizio Arrivabene. Lo dicono i risultati. Il team principal uscente ha avuto il demerito di non saper costruire sulle
Elkann aveva già valutato alternative per sostituirlo nell’estate 2021