La Gazzetta dello Sport

IDENTIKIT Mattia Binotto

-

fondamenta che erano state gettate nel 2017 e 2018, quando lui era alla direzione tecnica, forte della stima di Sergio Marchionne. La squadra che ereditò da Arrivabene, dopo averla spuntata nella guerra interna per il potere, non aveva bisogno di ripartire da zero. C’era solo da fare un ulteriore passo avanti, per consentire a Sebastian Vettel e al nuovo arrivato Leclerc di lottare contro la Mercedes di Lewis Hamilton, che aveva approfitta­to degli errori del tedesco e di Raikkonen per prendere il largo l’anno prima. Invece ci fu una pesante retromarci­a, dovuta alla filosofia sbagliata del progetto della SF90, che cominciò a vincere solo da metà stagione in avanti, con la tripletta di Leclerc e Vettel a Spa, Monza e Singapore, che scatenò subito mugugni e sospetti per la presunta irregolari­tà delle power unit di Maranello. Nel finale di stagione, ad Abu Dhabi, il team rischiò la squalifica per avere imbarcato più carburante rispetto a quanto dichiarato alla Fia (sarebbe servito per ottenere più cavalli “ingannando” il flussometr­o)

NATO A LOSANNA

IL 3 NOVEMBRE 1969 RUOLO TEAM PRINCIPAL FERRARI DAL 2019

attia Binotto, figlio M di italiani emigrati in Svizzera, è entrato alla Ferrari da stagista nel 1995, dopo la laurea in ingegneria meccanica. Ha iniziato come ingegnere motorista, addetto alla vettura di Michael Schumacher, vivendo il ciclo d’oro dei trionfi del Cavallino sotto la gestione di Jean Todt (2000-2004). In seguito ha scalato posizioni in azienda, soprattutt­o negli anni in cui Sergio Marchionne è stato presidente, diventando capo del reparto motori nel 2014 e poi direttore tecnico nel 2016, al posto di James Allison. Nel 2019 è subentrato a Maurizio Arrivabene come team principal della Scuderia e numero uno della Gestione Sportiva di Maranello

Quando sono emerse le voci sul mio conto ho parlato col presidente e ne ho sentito la fiducia Sono solo speculazio­ni prive di fondamento Mattia Binotto Team principal Ferrari

e fu punito con una multa di 50 mila dollari. La vicenda sfociò in un’inchiesta federale, chiusa con un accordo segreto fra la Ferrari e la Federazion­e, presieduta da Jean Todt. Il Cavallino fu costretto a pagare una sanzione milionaria, mai quantifica­ta ufficialme­nte, con accuse sdegnate da parte dei team rivali. E Binotto si “salvò”. Ma quel peccato originale non deve essere stato perdonato dai vertici aziendali, avendo messo a rischio l’immagine e l’integrità della Ferrari.

Vecchi mali I due anni successivi sono stati di inferno e purgatorio, perché la Fia aveva introdotto nuove direttive tecniche e la Ferrari si trovava con un motore depotenzia­to rispetto alle necessità. La pagina più triste al Mugello, nel giorno dei 1000 GP in F.1 della scuderia fondata dal grande Enzo, con la macchina di Leclerc sverniciat­a in rettilineo pure dalle Alfa Romeo dotate della stessa power unit. Perciò fa sorridere l’idea che Binotto quest’anno abbia rilanciato la Ferrari riportando­la alla vittoria, dopo essere stato egli stesso l’artefice della discesa. Tanto più che sono rimaste le solite pecche. Lo sviluppo della vettura che rallenta da metà stagione, gli imbarazzan­ti errori di strategia ripetuti del muretto e qualche confusione di troppo nei pit stop. Il motore è tornato potente, ma l’affidabili­tà è carente, altro guaio da risolvere. Chissà come starà ridendo adesso Arrivabene...

 ?? ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy