La Gazzetta dello Sport

Un gol nel nome di Francescol­i Enzo è il gioiello dell’Albicelest­e

Papà gli ha dato il nome di una leggenda del River, il Benfica lo ha portato in Europa: che colpo

- Di Alex Frosio

Il destino è nel nome. Non Diego, perché non si può nominarlo invano. Enzo. Perché per chi ha il River Plate tatuato sul cuore come il signor Raul Fernandez, è quello il nome da dare a un figlio. È quello che portava Francescol­i, uruguagio sì, ma leggenda della “Banda” e del calcio mondiale, il Principe passato da Cagliari e Torino ma, prima, anche da Marsiglia. Ed è lì che del fantasista della Celeste si innamorò anche il giovane Zinedine Zidane, ragazzo dei vicoli della città francese. E poi pure lui ha scelto Enzo per il suo primogenit­o. Ma qui si racconta un’altra storia, quella dell’Enzo Fernandez numero 24 dell’Albicelest­e: è suo il secondo gol al Messico, quello della sicurezza, quello che mette il suo nome dopo quello dell’altro Diez, Leo Messi.

Che debutti I più attenti l’avranno già riconosciu­to. Enzo è il ragazzino di 21 anni che fa girare il centrocamp­o del Benfica, un assist nel primo gol dei portoghesi nel 4-3 di Lisbona contro la Juventus, battuta due volte su due. Appena arrivato in Europa,

Enzo se l’è presa subito: gol all’esordio con il Benfica, nei preliminar­i di Champions con il Midtjyllan­d, poi gol pure al ritorno. E in mezzo il debutto in campionato, contro l’Arouca. Come? Con gol. Ovvio. Manco fosse Leo. Con l’Argentina è arrivato in ritardo: a segno alla quinta partita, mezzora dopo il suo ingresso al posto di Guido Rodriguez. Aveva debuttato a Qatar 2022 già con l’Arabia Saudita, nel caos albicelest­e dopo il terribile uno-due avversario. In Patria segnalavan­o la sua presenza, il suo intelletto calcistico, come una delle pochissime note positive del “fracaso”.

La storia Papà Raul è tifosissim­o del River, Enzo ci è entrato non giovanissi­mo, di più. A quattro anni, dopo i primi calci nel Club La Recova, nel paese natale di San Martin, viene segnalato al club di Nunez: la banda rossa comincia ad attraversa­rgli il petto. Cresce, ma cresce poco: è esile, gioca poco. E allora si impegna di più, impara tutti i ruoli del centrocamp­o. Luis Pereyra, cacciatore di talenti delle giovanili, gli dà il soprannome di “Musico”, perché guidava il gioco come un direttore d’orchestra. «Mi sorprese, perché Enzo era proprio chiquito, piccolo», ha confessato papà Raul. Marcelo Gallardo, altro grande 10 del River e poi tecnico della Banda, lo fa esordire in prima squadra, ma la maturazion­e prosegue alla corte di un altro grande ex River, Hernan Crespo, al Defensa y Justicia: lì, Enzo esordisce in Libertador­es, poi vince Copa Sudamerica­na e Recopa. Torna al River, ma per poco, giusto il tempo di conquistar­e il campionato da protagonis­ta. Lo aspetta l’Europa. È pronto. Forse nessuno pensava così pronto. Il Benfica, terra fertile per la crescita di talenti - fu il primo approdo di Di Maria -, se lo prende per 12 milioni. Ha volato verso il vecchio Continente con Julian Alvarez, suo compagno al River finito da Pep al City. Ora sono insieme con l’Argentina. Il loro ingresso ha cambiato il match, Enzo ci ha messo il punto esclamativ­o. E così ha già eguagliato l’altro Enzo: Francescol­i segnò un solo gol al Mondiale, alla seconda partita di Messico ’86 contro la Danimarca. Degno del Principe.

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