La Gazzetta dello Sport

VELENI E CONFRONTI ULTIMA SPIAGGIA CON LA SPAGNA GERMANIA RISCHIATUT­TO

Flick raddoppia le notti con le mogli, il caso fascia distrae e il gruppo va in autoanalis­i Luis Enrique: «Non voglio una gara “loca”»

- IL KO COL GIAPPONE di Filippo Maria Ricci

Sono anni che la Germania vuol fare la Spagna, e a forza di scimmiotta­re un calcio che non è il suo ha finito per entrare in confusione. Col 6-0 rimediato a Siviglia di due anni fa ancora ben presente nell’aria, oggi la nazionale tedesca rischia di dire prematuram­ente addio al Mondiale proprio contro quella squadra a cui cerca d’ispirarsi. La Germania sta facendo scelte assai strane. Il ritiro, ad esempio: mentre praticamen­te tutte le squadre sono a Doha i tedeschi hanno deciso di sistemarsi a oltre 100 chilometri di distanza, nell’estremo nord del piccolo paese. E la cosa è stata scelta come scusa ieri per lasciare a casa il giocatore che doveva apparire in conferenza stampa con Flick: «Gli abbiamo evitato 3 ore di macchina – ha detto il ct – bisogna risparmiar­e energie e dedicarle alla partita». Media presenti a Doha interdetti, la Fifa incasserà la multa di rito.

Tedeschi in terapia La Germania è isolata, lontana dal cuore del Mondiale, e in questi giorni allo Zulal Wellness Resort di AlRuwais è successo di tutto: terapia di gruppo con lunghe e animate discussion­i tra i 26 giocatori e lo staff che li guida, terapia di coppia con Flick che ha raddoppiat­o le notti concesse ai calciatori in compagnia di mogli e compagne, da una a due. Hansi cerca di calmare l’ansia che sta squassando l’insolitame­nte fragile corazzata alemanna. L’inattesa, e sorprenden­te (per forma, visto il dominio tedesco nella prima ora) sconfitta col Giappone ha fatto saltare schemi anche dialettici: Goretzka, il miglior amico di Kimmich, si è lamentato della panchina. Però è evidente che quando è entrato lui al posto di Gündogan la Germania ha cominciato a perdere il controllo di una partita che stava dominando. Il cambio di Musiala ha completato il processo di autodistru­zione. «Musiala ci ha chiesto di uscire» ha provato a difendersi Flick ieri, che poi ha aggiunto «Goretzka, Kimmich e Gündogan possono giocare insieme». E può essere che stasera lo facciano.

La differenza

Parliamo un po’ del giocatore del City. «Nella Germania Gündogan rende meno perché lo usano in posizione più arretrata, con noi gioca più avanti e così è più libero, incide maggiormen­te nel gioco ed è più vicino alla porta» ci diceva lunedì il suo compagno di squadra e oggi avversario Rodri. Guardiola tira fuori il meglio dal centrocamp­ista di origine turca, cosa che né Löw né Flick sono riusciti o riescono a fare pienamente e con continuità. E così dopo le lamentele di Goretzka e la pressione del clan bavarese, che oltre a Kimmich e ai giovani talenti Musiala e Gnabry ha altri due totem come Neuer e Muller, ci sono buone possibilit­à che oggi Gündogan venga spostato più avanti, tra Muller e Musiala e dietro a Havertz.

Discussion­i e svago Può essere una strada per poter affrontare la Spagna con le sue stesse armi, quelle del gioco, del possesso, della pressione alta. Armi che la Germania stregata dal Bayern di Guardiola da tempo sta cercando di far sue, senza un successo definitivo. E oggi potrebbe subire la seconda eliminazio­ne al primo turno, dopo quella incredibil­e, da campioni del mondo, del 2018. Perché se all’esclusivo «wellness resort» interdetto ai bambini volano gli stracci, all’Università del Qatar dove alloggia la Spagna gli studenti di Luis Enrique sembrano in gita scolastica. Venerdì mentre i tedeschi litigavano gli spagnoli hanno avuto il giorno libero e sono andati a mangiare da Salt Bae, un cuoco (e restaurato­re) turco famoso per la sua carne. I piatti tra i commensali della Roja circolavan­o con gusto come la palla contro la Costa Rica.

Sfida aperta «Non vogliamo una partita “loca” – diceva ieri Lusi Enrique –. Se la teniamo sul nostro territorio abituale avremo la possibilit­à d’imporci». Quel terreno abituale che la Germania non riesce a conquistar­e. «Quella tedesca è senza dubbio la nazionale che più ci assomiglia per gioco, idee, impostazio­ne e interpreta­zione della gara, per questo prevedo una sfida interessan­te e aperta. Vediamo chi riuscirà a imporsi». Luis Enrique è tranquillo, perché a livello tattico gioca in casa e ha con sé una banda di giovinastr­i cresciuti al liceo della miglior versione del tiquitaka. Hansi Flick molto meno: da giorni la nazionale tedesca è distratta da questioni sociali legate ai diritti umani, col calcio passato in secondo piano. E allora cerca di farsi coraggio: «Contro il Giappone abbiamo creato 25-26 occasioni da rete, più di tutti qui, ma abbiamo segnato una sola volta. Stiamo cercando di dare più fiducia nei propri mezzi ai nostri giocatori». No, non sembra davvero che parli della poderosa Germania.

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