LA CARICA DI LUKAKU Romelu è pronto «Nessuno vuole la Coppa più di me»
L’interista oggi partirà dalla panchina ma il c.t. del Belgio dice: «Potrà entrare»
«Nessuno lo vuole più di me». L’urlo di Romelu attraversa il campo di allenamento di Abu Samra, 90 chilometri a sud ovest di Doha, al confine con l’Arabia Saudita, il ritiro dorato e isolatissimo del Belgio. Hotel a cinque stelle sulla spiaggia di Salwa, i rumori del Mondiale molto lontani, eppure la voglia di Lukaku arriva fortissima ovunque. Arriva al punto lo staff medico del c.t. Roberto Martinez ha dovuto frenarlo. Nessuno la vuole più di lui, questa Coppa del Mondo. Ci siamo, finalmente. Oggi contro il Marocco Rom va in panchina, pronto all’uso. Martinez è prudente: «Di sicuro non giocherà, al massimo potrà entrare». E fa tutta la differenza del mondo.
Numeri L’infortunio al bicipite femorale è roba per l’archivio, ormai. Lukaku sta bene al punto di anticipare i programmi iniziali, che prevedevano la sua disponibilità solo per l’ultima partita del girone, quella contro la Croazia. Romelu c’è già. E c’è comunque. Un passaggio, della conferenza di vigilia di Martinez, è significativo: «In un Mondiale ogni giocatore un ruolo preciso, anche quando le circostanze gli impediscono di essere in campo». Perché Lukaku è la guida dei Diavoli Rossi. E’ il miglior marcatore di sempre della nazionale, con 68 gol: il secondo in classifica neppure si vede, è Hazard a quota 33, meno della metà. Rom è un giocatore che tatticamente sposta tutto, per il Belgio: Martinez non ha modo di sviluppare il suo gioco, perché nessuno come l’interista è in grado di liberare metri in ampiezza e in profondità per Hazard e soprattutto De Bruyne. La partita con il Canada, fortemente criticata in patria, ne è la prova.
Leader Ma Lukaku è di più. E’ leader. Un paio di episodi lo raccontano perfettamente. Lo spogliatoio ha eletto una specie di consiglio dei saggi, può essere definito così, ovvero quei giocatori di riferimento per ogni cosa, sia per i compagni sia per lo stesso allenatore. Quattro calciatori, oltre al capitano Hazard. Bene: tra i quattro c’è Lukaku, con Vertonghen, Witsel e De Bruyne. E poi, servisse altro, si può raccontare quanto Romelu sia stato “presente” nel gruppo anche lontano dal campo, quando si allenava a parte, quando vedeva i compagni correre e lui temeva – perché sì, un po’ di timore c’è stato – di saltarlo questo Mondiale. Lukaku si è fatto guida dei più giovani, in un momento delicato per la nazionale. Il Belgio è in una fase di passaggio da una generazione calcistica a un’altra: per dire, il giovane Onana oggi può rubare il posto a uno tra Witsel e Tielemans. Questa Coppa del Mondo capita proprio in mezzo, a questa transizione. Il rischio di ballare tra un ultimo canto e la delusione è palese. E Romelu sta facendo da tramite, tra i vecchi e i nuovi. Si è messo a disposizione, con colloqui approfonditi e consigli diffusi.
Meno forti
Il Belgio tutto, in fondo, è a caccia di una serenità che la prestazione con il Canada, al netto della vittoria, non è riuscita a garantire. Così Eden Hazard, uno dei più criticati (un giornalista marocchino gli ha pure chiesto se fosse ingrassato): «Quattro anni fa eravamo più forti, ma possiamo ancora vincere le partite: abbiamo il miglior portiere al mondo (Courtois, ndr) e uno dei migliori centrocampisti (De Bruyne, ndr)». De Bruyne che è stato protagonista della lite con Alderweireld, durante il primo match: «Non c’è alcun problema tra di loro – ha dovuto chiarire Martinez -. Hanno giocato insieme più di 70 partite, è necessario che riflettano prima di agire». Magari il saggio Lukaku potrà dare un consiglio.