La Gazzetta dello Sport

Da Pirlo a Vlahovic tutte le sue stelle E il boomerang CR7

Tanti i campioni nella gestione Agnelli Ma conti in crisi con l’arrivo di Ronaldo

- ACQUISTI TOP di Filippo Conticello

Estate 2011

Il colpo Pirlo

Andrea Pirlo arriva a parametro zero dal Milan: attorno a lui Conte ricostruis­ce la Juve da scudetto

Dodici anni e mezzo fa era un ragazzo 35enne: la Juve nel sangue, grandi sogni in testa. Davanti a lui un cumulo di macerie, una magione da ricostruir­e dalle fondamenta, ma Andrea Agnelli sapeva che un po’ alla volta avrebbe eretto il castello di un tempo. E che l’avrebbe arredato come hanno sempre fatto in casa sua, con una collezione di campioni. L’epoca della grandeur, però, sarebbe arrivata molto dopo, all’inizio fu il tempo di acquisti sostenibil­i, di affari arguti a medio e basso costo, di attenzione maniacale ai parametri zero. Prima di bruciarsi nel tentativo di avvicinars­i al sole, Agnelli è partito dal basso, affidandos­i sul mercato a un duo che avrebbe segnato un’epoca prima di dividersi malamente: Beppe Marotta come a.d. e Fabio Paratici come d.s. Certo che, a rileggere d’un fiato gli acquisti della prima campagna, si rischia uno strano spaesament­o: Krasic-Martinez-PepeStorar­i-Bonucci-Motta-Aquilani-Quagliarel­la-TraoréRina­udo. Un inno all’umiltà.

In realtà, la macchina si era messa in moto già quell’anno: arruolare Bonucci fu il primo passo per ritrovare tempra e identità, l’intuizione low cost Barzagli il secondo mattone di un muro che con Chiellini e Buffon avrebbe fatto storia.

Cavalcata Lo scudetto della rinascita, quello marcato a fuoco dal ritorno in panchina di Antonio Conte, sarebbe stato costruito con acquisti intelligen­ti, in un mix di big da ricaricare e talenti da sgrezzare: nel 2011 arrivarono così Pirlo a zero e Vidal per poco più di 10 milioni, più Vucinic e Lichtstein­er a guarnire la torta. Da quel momento in poi, i campioni non sono mai mancati, come lo scudetto impresso con orgoglio e sudore sul bianconero fino al 2020. Nel 2012 toccò a Paul Pogba, pescato come un fiore nel fango, pagando solo le commission­i per Raiola; nel 2013 l’Apache Tevez per 9 milioni più bonus, inarrestab­ile per due anni; nel 2014, con l’inizio dell’Allegri I in panchina, Alvaro Morata che avrebbe segnato fino alla finale di Champions, la prima persa in questo ciclo; nel 2015, per 40 milioni, l’aggiunta del talento puro di Paulo Dybala (che sette anni dopo sarebbe diventato rimpianto), più alcune colonne di questa epoca come Alex Sandro, Juan Cuadrado, Sami Khedira e Mario Mandzukic. È nel 2016 l’iniziale spartiacqu­e, la prima campagna veramente espansiva, realizzata sfruttando i 105 milioni incassati per rispedire indietro come un pacco postale Pogba allo United: dentro Higuain e Pjanic, strappati con clausole milionarie a Napoli e Roma, con Benatia e Dani Alves per dare l’assalto all’Europa. E così è stato, fino alla notte nera di Cardiff, seconda finale persa da Andrea. Da allora, mai i bianconeri hanno guardato così da vicino la Coppa più lucente. Nemmeno dopo il mercato del 2017 che a Torino portò il talento anarchico di Douglas Costa (46 milioni totali) e la praticità magnifica di Matuidi. E nemmeno dopo l’uragano dell’estate 2018, quando la Juve firmò il suo patto col Diavolo pur di sfiorare la Champions diventata ossessione: l’arrivo di Cristiano, 100 milioni di cartellino e 31 di ingaggio, ha amplificat­o l’illusione e non solo l’entusiamo. Nonostante 101 gol segnati in 134 gare, non ha sfondato il muro europeo, anzi ha finito per affossare la barca del presidente. Al tempo veleggiava in acque tranquille, con un vantaggio siderale sulla concorrenz­a.

Futuro Sull’altare dell’utopia Ronaldo, si è consumata nel 2018 pure la rottura dall’a.d. Marotta, mentre il club ha poi insistito con la politica espansiva e i colpi milionari: dopo i 75 milioni per Matthijs se Ligt nell’estate 2019, nel 2020 una sessantina totale spesi per Federico Chiesa. Nella scorsa stagione, con il ritorno di Max e la fuga capriccios­a di CR7, la scommessa italiana di Manuel Locatelli (36 milioni). Ma, soprattutt­o, l’ultimo, enorme sforzo di questo gruppo dirigente per riportare a Torino lo scudetto strappato via con ferocia da Antonio Conte, leggenda diventata primo nemico di corte: Dusan Vlahovic, campione in costruzion­e, è costato 70 milioni nel gennaio 2022. È lui il vero lascito di questa epoca Agnelli: da Di Maria al Pogba bis, i nuovi arrivati dovrebbero essere tutti sodali del nuovo re serbo, centravant­i per la ricostruzi­one. Cosa riserverà il futuro non è chiaro, ma lì dove c’erano macerie, ora ci sono ancora i campioni.

Il percorso Dai primi affari low cost alla politica espansiva con CR7 e De Ligt. Ma il suo lascito è il serbo...

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