SOLO BELLEZZA? NO, ORA IL BRASILE È GRANDE DIFESA
così siamo arrivati alla stretta finale, con l’ultimo turno di partite per disegnare il quadro completo delle qualificate. A portarsi avanti con il lavoro sono state Francia, Portogallo e soprattutto Brasile. Perché, senza nulla togliere a Mbappé e Ronaldo, ciò che ha colpito di queste prime battute Mondiali è stata la capacità dei ragazzi di Tite di sfruttare momenti e situazioni, di saper cogliere il meglio anche nelle situazioni più complicate. E di saper rinnegare anche la vecchia - e forse poetica - considerazione che tutti noi abbiamo sempre avuto dei verde-oro: bravissimi dalla metà campo in avanti, con una serie impressionante di fantasisti, ma un po’ troppo allegri e disinvolti in difesa. Insomma una squadra - dai tempi di Pelè e Rivelino a quelli di Socrates e Zico capace di costruire il proprio futuro sui gol segnati piuttosto che su quelli evitati. Ed invece oggi scopri che il Brasile è una macchina sicuramente potente, ma a trazione posteriore, capace di esaltare la sua ricchezza offensiva con i piedi sempre ben piantati per terra. E dunque in grado, insieme soltanto a Marocco e
Polonia, di chiudere le prime due partite del girone con la rete inviolata. Merito di una difesa che si poggia su due pilastri assoluti come Thiago Silva e Marquinos, di un allenatore realista - che non si vergogna di sostituire Neymar con Fred invece che con Rodrygo - e di un gruppo che sa come muoversi, aspettando il momento giusto per colpire. È questo il Brasile di oggi, strutturalmente lontano dalla sua storia o dalla letteratura che ne ha accompagnato le gesta. E dunque pronto a festeggiare un passaggio del turno che era sicuramente nelle previsioni, nel contesto però di un Mondiale in cui le sorprese e gli inciampi sono all’ordine del giorno. E non è neppure un caso che, dopo la doppietta di Richarlison contro la Serbia, stavolta ci abbia pensato - come indicatore della trasformazione che ha subìto la squadra - il calciatore più attento, concreto, di cui disponga Tite: Casemiro. Lui, che è l’equilibratore dell’intero collettivo, stavolta si è preso anche la soddisfazione di andare a segnare il gol decisivo, sottolineando la nuova anima di un Brasile molto più consapevole. È da qui, insomma, che si riparte per l’ultima curva di un gran premio che dovrà consegnarci la griglia di partenza per gli ottavi. E se è vero che il calcio è spesso materia originale, in cui previsioni e indicazioni finiscono per essere ribaltati nel giro di ventiquattr’ore, la sensazione è che questo Brasile possa davvero indicare come risolvere quel vecchio dibattito tra gioco e giocatori. E la soluzione, come spesso ha insegnato Arrigo Sacchi, è una sola: ciò che premia è sempre e soprattutto la squadra. Perché conta l’equilibrio e neppure un fuoriclasse può essere più importante del collettivo. Uno per uno farà sempre uno. È uno per undici che moltiplica il senso e il lavoro di tutti.
La Seleçao di Tite esce dagli stereotipi: è solida e concreta soprattutto dietro