DAL FLOP CORREA AI BABY IN RITARDO INTER, QUANTI ENIGMI IN PANCHINA
Il Tucu è il caso più spinoso: fedelissimo del tecnico e mai decisivo. Gli alti e bassi di Gosens continuano. E alla coppia Bellanova e Asllani serve ancora tempo
ella notte gelida di mercoledì a San Siro, location ideale per un horror vecchio stile, svolazzavano parecchi fantasmi. Molti dorati, ma pur sempre fantasmi. Mai come contro l’umile Parma, sesto in B e uscito a testa altissima dalla Coppa Italia, è emersa la differenza che esiste tra la prima linea interista e la truppa sparsa che bussa alle spalle dei titolari. Da Correa, ormai finito nel pericoloso tritacarne del pubblico di San Siro, alla controfigura del Gosens che fu, passando per i giovani arrivati d’estate e ancora tremanti, gli spettri sulla testa dei nerazzurri arrivano spesso dalla panchina. Il problema è che basta sommarli tutti e si scopre che per loro è stata spesa una fortuna: oltre 80 milioni che, viste le ristrettezze in cui si muovo i dirigenti interisti, è una cifra enorme. Per il Tucu, chiamato subito da Inzaghi e arrivato a Milano con una valigia piena di belle speranze, sono già stati messi a bilancio 33 milioni. Esattamente un anno fa, poi, quando si intravedeva già la fuga di Perisic a fine stagione, il tecnico votò per prelevare dalla Dera Robin Gosens, nonostante qualche guaio fisico pregresso: il tedesco allora sembrava un sostituto all’altezza di Ivan il Terribile ma, da gennaio a gennaio, quei 27 milioni spesi in totale non hanno (ancora) trovato risposta in campo. La scorsa estate i nerazzurri hanno, invece, investito per aggiungere sangue fresco e mettere qualche mattoncino nella squadra del futuro. Al primo punto guadagnato a febbraio scatterà, infatti, il riscatto obbligatorio dall’Empoli di Kristjan Asllani, che alla fine peserà sulle casse per 14,5 milioni. Se dopo il prestito oneroso venisse riscattato dal Cagliari pure Raoul Bellanova, si aggiungerebbero altri 10 milioni complessivi da aggiungere al totale già speso per i compagni. Sulla coppia di classe 2002 si nutrivano, e si nutrono ancora, grandi speranze: i due si “faranno” prima o poi, ma al momento si sono dovuti accontentare solo delle briciole del campionato: così è piuttosto complesso mettere solide radici in nerazzurro. In fondo, le serate difficili contro il Monza e il Parma nascono proprio dalla poca esperienza accumulata fino ad ora.
Disastro Tucu
Nel castello infestato dai fantasmi, però, nessuno spaventa più dell’argentino, fedelissimo del tecnico. Il calendario dispettoso sabato gli metterà davanti il Verona, proprio la squadra contro cui Correa esordì appena arrivato in nerazzurro, a fine agosto 2021: al Bentegodi una doppietta al debutto come nelle fiabe, peccato che da allora la storia si sia ingarbugliata. Joaquin a Milano ha dato sempre l’idea della meteora, un po’ per ragioni fisiche e un po’ per l’atteggiamento che sembra l’opposto del compagno Lautaro, un Toro imbizzarrito anche nelle serate più grigie. Il Tucu nerazzurro, in totale, ha realizzato 9 reti e l’anno scorso sembrava essersi affezionato alle doppiette: ne aveva realizzate tre, oltre a quella col Verona si era divertito contro Udinese e la Sampdoria (all’ultima giornata). In questa stagione è a quota 3 centri, nessuno dei quali decisivo. E ad appesantire il tutto c’è, soprattutto, il clima dello stadio che inizia ad essere irrespirabile: quando San Siro prende di mira qualcuno, ha il potere di incenerirlo. Eppure Correa a Milano ha pure trovato una città gradita in ogni aspetto, dai ristoranti in cui passare il tempo libero alle vie del centro in cui fare shopping con la fidanzata Chiara, senza scordare
una nutrita truppa argentina con cui risentire aria di casa. Tra l’altro, quando non era ancora completamente integro, ha tappato qua e là i buchi lasciati dall’infortunio di Lukaku e così ha perso pure l’occasione di diventare campione del mondo alla corte di Messi. Visto che i guai di Romelu rischiano pure di proseguire, avrà altri minuti a disposizione con Simone, ancora il più deciso sponsor del Tucu dentro l’Inter: al numero 11 resta però il cerino in mano, solo lui può ridurre l’esercito degli scettici interisti. In ogni caso, di Joaquin presto si occuperà il mercato: per ora non ci sono offerte credibili, però a giugno la cessione potrebbe diventare reale.
Gli altri Gosens, costato appena sei milioni in meno del collega albiceleste, è un caso diverso. Le possibilità di prestito arrivate dalla Bundesliga in vista del mercato di gennaio sono state gentilmente declinate dallo stesso Robin, di concerto con la società: i prossimi sei mesi verranno, quindi, usati per completare la valutazione sull’esterno tedesco e poi prendere una strada definitiva. Finora i suoi alti e bassi alle spalle di Dimarco non aiutano ad avere particolare fiducia, ma per l’Inter ci sono ancora margini per riportarlo sui giusti binari. Chi, invece, ha esaurito ormai i bonus è Roberto Gagliardini, in scadenza il 30 giugno dopo sei lunghe stagioni di militanza nerazzurra. Poi cercherà un buon ingaggio a zero in Serie A, ma ora il mediano 28enne si trascina stancamente in questi ultimi fuochi da interista, senza mai essere all’altezza di chi ha davanti in mezzo al campo. Quando a dirigere il traffico sia contro il Monza che contro il Parma c’erano lui e il giovane Asllani, al posto di Calha e Barella, la squadra ha perso le vecchie vibrazioni. Per questo Inzaghi, in vista della sfida di sabato, ha disperato bisogno di rimettere in piedi almeno uno tra Nicolò e Hakan: entrambi oggi si alleneranno a parte, ma in mezzo non si può sbagliare. Basta fantasmi, solo centrocampisti in carne e ossa.