La Gazzetta dello Sport

«La mia notte più bella Scudetto? Noi ci siamo, questo è il messaggio»

Il tecnico del Napoli: «Dobbiamo giocare sempre all’attacco, non sappiamo fare in altro modo»

- Di Marco Guidi

Una notte da sballo. «La mia più bella a Napoli? Direi di sì». L’ha pensata, architetta­ta e sognata, Luciano Spalletti. Lui, troppe volte etichettat­o come l’eterno secondo, almeno in Italia, dove l’Inter di Mancini e Mourinho prima e la Juventus di Allegri poi si erano messe di traverso sulla strada dello scudetto della sua Roma, per ben quattro volte. Oggi Luciano guarda tutti dall’alto, dopo il capolavoro del Maradona. Il suo Napoli è lassù, dieci gradini oltre il Milan (oggi impegnato a Lecce) e la Juve, schiantata ieri sera con cinque gol. Stravinto il confronto con Max Allegri, che si presentava a Napoli con una striscia di otto vittorie senza subire reti e aveva agitato la vigilia con piccole punzecchia­ture a distanza. Spalletti gli ha mandato in pezzi il muro senza troppi convenevol­i, usando come ariete la coppia da urlo OsimhenKva­ratskhelia. «Victor è il più forte di tutti e io rido pensando a quanto non abbiamo ancora visto - plaude il tecnico azzurro -. Ha un margine di crescita impression­ante. E Kvara che palla gli mette (sul quarto gol ndr)».

Piano scudetto

Il Napoli è lanciatiss­imo, ma Spalletti è calmo e lucido nell’analisi. Non nomina gli avversari, non conta i

punti. «Il messaggio con questa partita lo abbiamo mandato a noi stessi - spiega Luciano -. Abbiamo sempre il dubbio di non essere da questi livelli, ci siamo dati una risposta, giocando a viso aperto». E vincendo. Anzi, stravincen­do. «Non abbiamo un altro modo di giocare che questo - continua Spalletti -. Avete visto il gol preso? Due mezzi contrasti, due palle a metà e subiamo... Quello non è il nostro calcio, se ci mettiamo a fare i duelli rischiamo di perdere». Il calcio del Napoli è possesso, dominio, circolazio­ne di palla veloce. Ma tutto parte dalla difesa. «L’atteggiame­nto deve essere quello di fare la partita, a noi riesce quello. Abbiamo anche difensori capaci di farlo: Kim e Rrahmani non hanno paura a lasciarsi 40 o 50 metri di campo, anche se poi correre all’indietro è dispendios­o. Quindi meglio farlo in avanti». Da qui nasce anche la pressione alta di Mario Rui che induce Bremer all’errore sul poker di Osimhen.

Piazza Ma anche in un 5-1, c’è stato un po’ da soffrire. Spalletti non lo dimentica. Il suo Napoli, però, ieri aveva un dodicesimo uomo al proprio fianco: il pubblico del Maradona. «Noi siamo rimasti dentro alla partita, quando la Juve ha avuto una reazione importante e ha segnato, grazie ai nostri tifosi. Questa squadra ha riportato l’amore e l’entusiasmo per questi colori: in una cornice di pubblico fantastica è poi più facile vivere serate così».

Capitano Giovanni Di Lorenzo l’ha vissuta con la fascia al braccio. «Nello spogliatoi­o c’era aria di serenità e convinzion­e, Spalletti l’ha preparata benissimo e noi siamo stati bravi a fare ciò che il mister ci chiedeva». La crescita di questo Napoli dipende tanto dal tecnico. Prosegue Di Lorenzo: «Spalletti ha portato una mentalità vincente, che non è sinonimo di vittoria ma ti spinge sempre ad andare oltre le tue qualità». Perché Luciano avrà la fama dell’eterno secondo, ma in Russia ha già vinto il campionato con lo Zenit. Farlo a Napoli, dopo 33 anni, avrebbe però tutto un altro sapore.

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