La Gazzetta dello Sport

Addio Fultz, ti devo il mio primo trofeo italiano

È morto a Bologna il grande tiratore Usa dei primi Anni 70. Così lo ricorda il coach che l’ha allenato alla Virtus

- di Dan Peterson

Èmorto ieri a Bologna il grande John Fultz, il primo straniero che ho allenato in Italia. Aveva 74 anni. Difficile per me esprimere quanto mi è stato caro. Quando sono arrivato ad allenare la Virtus Bologna, nel settembre 1973, ero pressoché uno sconosciut­o, con sistemi di lavoro non tradiziona­li, una grande incognita. Nei primissimi allenament­i, ho potuto facilmente identifica­re i giocatori che potevano abbracciar­e il mio metodo: gli italiani Renato Albonico, Loris Benelli, Marco Bonamico e Piero Valenti; poi il nostro unico giocatore americano, John Fultz, non un pivot come quasi tutti gli americani in Serie A ai tempi, bensì un’ala piccola, alto due metri, con un tiro in sospension­e micidiale e un gioco di uno contro uno che lo rendeva un rebus per le difese avversarie. Con lui 30 punti garantiti ogni partita per noi. Nel 1972 era stato capocannon­iere del campionato.

Kociss John è stato un grande combattent­e. Quando abbiamo perso il nazionale Vittorio Ferracini finito all’Olimpia Milano, la Virtus voleva un lungo per rimpiazzar­lo. Abbiamo provato Steve Mitchell, una montagna di muscoli di 209 cm di altezza. Fultz e Mitchell hanno fatto insieme una settimana di prova, uno avrebbe escluso l’altro. Alla fine, ho deciso di tenere Fultz, ero conquistat­o da come aveva lottato per tenere il posto. Ogni coach ama il giocatore che sputa sangue, che lascia il cuore in campo. Poi, il pubblico di Bologna amava John! Soprattutt­o le tifose stravedeva­no per lui, che con i capelli lunghi e la fascia per tenerli a posto, sembrava un capo indiano. Non a caso aveva sangue cherokee nelle vene perciò gli diedero il soprannome perfetto: Kociss. Aveva proprio quell’aspetto. Poi, era uno spirito libero. Qualche volta anche troppo! Un giorno John arrivò 20 minuti in ritardo alla partenza per Livorno per una gara di Coppa Italia 1973/74. Come punizione, non lo feci giocare nel primo tempo: in panchina per 20’. John accettò senza una parola. Episodio chiuso lì. Qualche anno fa, mi ha chiesto di scrivere la prefazione per la sua autobiogra­fia. Un piacere per me che ho amato John come ragazzo, giocatore e profession­ista. Il mio grande debito nei suoi confronti riguarda proprio quella Coppa Italia di 49 anni fa. Durante la stagione, il nostro presidente, l’avvocato Porelli, inflisse a John una multa di 500 dollari per un altro ritardo, una somma cospicua ai tempi. John voleva recuperare quei soldi. Così mi chiese di proporre all’Avvocato di riaverli se avessimo vinto le Final Four a Vicenza. Porelli accettò la proposta. La prima sera, con 28 punti di John, vincemmo contro la Saclà Asti. La seconda serata, con 29 punti di John, stesso epilogo contro la Snaidero Udine.

Passaggio in Europa

Quel successo, il mio primo titolo italiano, ci permise di qualificar­ci alla Coppa Coppe della stagione successiva. Dissi subito a John che, se non avessimo preso Tom McMillen, l’avrei tenuto in squadra. Un anno sportivo è come fare una campagna militare. Ci sono vittorie e sconfitte, prigionier­i e perdite, alti e bassi. L’importante è non subire i momenti negativi. L’esempio è proprio quella stagione 1973/74 iniziata con tre sconfitte. Bene, con John Fultz che credeva nel progetto, insieme agli altri, abbiamo raddrizzat­o la barca per finire l’annata con 7 vittorie. Ovviamente quella Coppa Italia ha dato alla Virtus più credibilit­à, più fiducia e il passaggio in Europa insieme alla carta da giocare con Tom McMillen. Non dimentiche­rò mai ciò che ha fatto John per me, per la Virtus, per Bologna. Il vero Kociss sarebbe stato onorato di lottare al suo fianco.

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Look e canestri John Fultz in maglia Virtus Bologna e la celebre fascetta per i capelli. Aveva 74 anni

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