Gravina: «Triste giocare a Riad» Casini: «Triste senza Mondiale»
La Figc: «Ideali Milano o Roma» La Lega: «Esportiamo eccellenza»
Stamattina andranno insieme dal ministro dello sport Andrea Abodi per un incontro particolarmente atteso. Ma ieri la vigilia di Gabriele Gravina e Lorenzo Casini, presidenti di Federcalcio e Lega di Serie A, è stata riempita da un polemico botta e risposta. Sul tema, non proprio nuovissimo, della scelta di giocare la Supercoppa italiana all’estero. Il presidente federale si è detto «rattristato» per vedere il trofeo messo in palio «in uno stadio dove gli italiani saranno soltanto 400 su un pubblico di 58mila spettatori». Come dire: capisco tutto, in questa fase di crisi è ovvio cercare risorse nei palcoscenici che te li posso assicurare, ma la speranza è che si torni presto a giocare in Italia. Casini ha preso cappello e proprio da Riad, dove ieri è andata in scena proprio la sfida fra Milan e Inter, ha risposto con una frecciata, che parte dallo stesso verbo usato qualche ora da Gravina: «Rattrista non aver visto l’Italia al Mondiale in Qatar». Come dire: quello è stato il vero guaio, non la Supercoppa in Arabia.
«In Italia». «Macché» Ma la differenza di posizioni non riguarda soltanto il presente, ma pure il futuro. Gravina dice che «La Supercoppa italiana di nuovo all’Olimpico o a San Siro sarebbe l’ideale». Mentre Casini replica che non c’è nessuna novità, «è la terza volta che veniamo qui in Arabia Saudita e la dodicesima che si gioca all’estero per promuovere una delle eccellenza del paese: il calcio». Sullo sfondo, c’è il fattore soldi. I sette milioni e mezzo incassati in questa edizione potrebbero moltiplicarsi con il cambio del format a quattro squadre e la cifra da capogiro di 23 milioni. Sono proprio due impostazioni diverse. Gravina dice che «il calcio deve avere la capacità di trovare delle risorse alternative a questa modalità». Ma la Lega ha intenzione di restare in Arabia Saudita, c’è anche un’ipotesi (meno forte) per gli Emirati Arabi Uniti, mentre ha perso definitivamente terreno l’Ungheria. Non solo: c’è anche allo studio una futuribile giornata di Serie A da giocare tutta all’estero.
Il «pacchetto» È probabile che dell’argomento, almeno stamattina, non si parli davanti ad Abodi. Dove il calcio ha tutto l’interesse a farsi trovare unito. Entra nel vivo infatti il lavoro per giungere a quell’atteso provvedimento legislativo per la «competitività» del prodotto calcio. E che dovrebbe contenere il diritto di scommessa,cioè una percentuale della raccolta delle giocate «a vantaggio dell’organizzatore dell’evento sportivo», la fine del divieto di sponsorizzazione per le aziende di betting, ma anche un piano infrastrutturale per incoraggiare investimenti sui nostri stadi anche in vista dello sprint finale della nostra candidatura per prendersi l’Europeo 2032 (marzo-aprile il dossier e le garanzie governative, settembre la scelta dell’Uefa, siamo in gara con la Turchia).
Il calcio cavalca l’onda delle risorse facili Ma bisogna riuscire a trovarne con modi alternativi
Gabriele Gravina
A Riad, per la sfida fra Milan e Inter, solo 400 italiani su 58mila persone Gabriele Gravina Presidente della Figc
Ma non ci sono novità. È la terza volta che si gioca qui in Arabia Lorenzo Casini Presidente della Lega di A
Il tavolo Gravina, però, ha tenuto ieri a dire che, insieme con l’impegno del governo, ci deve essere un lavoro del calcio per cambiare rotta verso una gestione sostenibile dei conti. Ribadendo per i prossimi giorni l’apertura di un tavolo con le leghe per parlare di riforme. Nell’ipotetico ordine del giorno è arrivato pure in questi giorni la possibilità di rivedere il sistema delle rose a 25 aumentando la quota minima di calciatori italiani da inserire. Un altro pezzo di quel menu del confronto che ognuno però sembra voler «cucinare» a modo suo.