Il rosso vo SINNER CORRE IN AVANTI «E SCENDERÒ A RETE SEMPRE PIÙ SPESSO» Lante
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meno male che c’è lui. Jannik Sinner è la sola bandierina tricolore rimasta nel tabellone maschile degli Australian Open. Lo rivedremo domani al terzo turno contro Marton Fucsovics, l’ungherese numero 78 del mondo che il rosso della Val Pusteria ha incrociato tre volte, perdendo in due occasioni, l’ultima delle quali a Wimbledon: ma erano altri tempi, l’erba era ancora un pianeta sconosciuto per lui.
Vero esame Ora è tutta un’altra storia, Sinner è cresciuto, ha raggiunto i quarti in tutti e quattro gli Slam, è 16 al mondo (con rimpianto) e a Melbourne punta all’esame di maturità degli ottavi di finale. Non tanto per il percorso nel torneo, nel quale lo scorso anno si era fermato prima della semifinale, ma perché alla fine della prima settimana dovrebbe incrociare proprio Stefanos Tsitsipas, che dodici mesi fa sul veloce australiano lo aveva strapazzato aprendo la crisi tra l’altoatesino e il mentore Riccardo Piatti, allenatore di sempre. Proprio allora, dopo la partita, uno Jannik estremamente rabbuiato aveva analizzato con la solita lucidità: «È stata una lezione, una sconfitta che mi fa capire quanto manca dai migliori. Avrei potuto fare tante cose meglio. Devo trovare una soluzione in questo genere di partite». Gli ultimi 12 mesi sono trascorsi proprio alla ricerca di questo obiettivo. Un nuovo tecnico, Simone Vagnozzi, subentrato poco dopo l’Australia a Piatti e raggiunto da Darren Cahill dopo il Roland Garros. Una rivoluzione che a molti ha fatto storcere il naso, ma con lo scopo primario di ampliare la sua “cassetta degli attrezzi”. Che il suo bagaglio tecnico fosse solido anche prima era chiaro, ma all’arsenale del mancato sciatore mancavano obiettivamente alcuni elementi importanti. Uno su tutti le variazioni, la verticalità del gioco, e un servizio che facesse la differenza. Il 2022 è trascorso senza troppe per Jannik, che ha vinto il solo torneo di Umago e ha mancato la qualificazione alle Finals, ma lui e il team sono al lavoro senza farsi prendere dalla fretta: «I risultati arriveranno in un paio d’anni», ma è altrettanto vero che Alcaraz è diventato numero 1 a 19 anni e Holger Rune, anche lui classe 2003, ha già portato a casa un Masters 1000. Conoscendo il Rosso, grande appassionato di F.1, vedere gli scarichi dei rivali è il più potente dei carburanti.
Compito in classe
Il secondo turno contro Etcheverry, non irrestibile argentino numero 79 al mondo, è stato un compito in classe da vero secchione. Se da un lato è vero che il rivale avrebbe potuto fare qualcosa in più, è altrettanto vero che Sinner ha fatto tutto bene. Approfittandone anche per provare schemi e abbondando con le discese a rete. Non una novità, ma sicuramente lo ha fatto in maniera molto più efficace, portando a casa 20 punti su 22 occasioni nei tre rapidissimi set contro l’argentino. E se si fa il paragone tra l’Australian Open del 2022, con la vecchia gestione tecnica, e quello di quest’anno, si intravedono già i primi incoraggianti risultati. Lo scorso anno la pergioie
«Ottima partita», ha detto Jannik dopo aver sconfitto Etcheverry attaccando più del solito. È il solo italiano rimasto in tabellone. Al terzo turno domani notte c’è Fucsovics
centuale dei punti fatti rispetto alle discese a rete nei primi due turni era intorno al 76% mentre ora siamo quasi al 79%. Piccoli miglioramenti si sono visti anche nell’efficacia del servizio. Se da un lato Jannik ha messo in campo il 62% di prime, ha comunque fatto punto nell’88% dei casi, perché ha sempre dominato lo scambio. Insomma, Jannik ha fatto il bravo studente nonostante i media francesi lo abbiano bocciato considerandolo la “delusione tennistica del 2022”. Sinner ha però il pregio di non stare troppo ad ascoltare quello che accade al di fuori del suo microcosmo, un team che gli è stato cucito addosso e che lui segue affidandosi totalmente, anche nei momenti in cui tutti dicevano che la scelta di cambiare guida tecnica era un capriccio, una forzatura che non avrebbe portato lontano: «Sono cose su cui stiamo lavorando da tempo - ha detto dopo il match -. Ci sono partite in cui tutto riesce bene e altre meno. In alcune occasioni potrei anche provarci più spesso, ma non mi sento ancora sicurissimo dalle parti della rete. Comunque ho attaccato nei momenti giusti e ho coperto la rete abbastanza bene. Piano piano anche le volée le sento meglio, e questo mi dà fiducia per provarci più spesso».
Cambio pelle Ma anche la quantità di drop shot a sorpresa ha fatto registrare un trend in grande ascesa grazie al binomio Cahill-Vagnozzi: ora usa la palla corta da fondo campo quasi nel 2% dei casi, con punte del 4%, mentre in passato si concedeva questa variante raramente, quasi soltanto sulla terra rossa. Insomma, Sinner sta cambiando pelle. E se di una cosa possiamo già essere sicuri è che continuerà su questa strada «Lavorando sempre col mio team», come è solito ripetere quasi come un mantra l’incontentabile altoatesino: «L’ultimo game potevo farlo meglio - ha detto parlando della partita vinta con Etcheverry -. In generale, quando gioco così, sono contento. È stata una partita ottima». Avanti il prossimo.