Giuseppina dorme in Campania e lavora in Lombardia: fa più km di Lobotka. La Juve contro la Dea che aumenta il valore dei talenti
nell’allegria che suscita, nella disponibilità al sacrificio, nel legame forte con la città. I ragazzi di Spalletti respirano in settimana i sogni e le attese dei napoletani e poi partono, quasi sempre verso Nord, per realizzarli. Lo scudetto di Giuseppina sarebbe un posto di lavoro a meno di 650 km dal suo letto, perché ridurre la vita extra-scuola a sole 4 ore: da mezzanotte alle 4 del mattino, non è eroico, è disumano. Tanti milanesi l’hanno contattata per offrirle un affitto sostenibile e testimoniarle solidarietà. Il Napoli e la bidella napoletana rincorrono i loro sogni, spalla a spalla, paralleli, come due rotaie.
Capitale e capitali Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha aperto ufficialmente l’anno di Bergamo e Brescia capitali della cultura. Ha reso onore alle virtù civiche delle due città, nel passato e nel presente, ricordando la sofferenza durante la prima, durissima ondata della pandemia.
L’Atalanta ha celebrato l’evento segnando
13 gol in due partite. Da quando Gasperini l’ha presa in mano, la Dea è diventata qualcosa di teatrale: rappresentazione di bellezza e armonia, ripetitività di un copione e di uno stile ammirato e imitato in ogni angolo di’Europa. Arte non meno che sport. In questo senso l’Atalanta ci sta bene nella capitale della cultura. La prima uscita con questo ruolo di rappresentanza cade in uno Stadium livido per la penalizzazione dei 15 punti. Unico effetto collaterale della batosta giudiziaria, che non ha sfiorato gli altri club, è l’ambiente ricompattato. Quasi dimenticata l’Apocalisse di Napoli. Allegri, che era finito nuovamente nell’occhio del ciclone per la sciagurata gestione al Maradona, crocifisso sui social, con il futuro praticamente segnato, ora può provare ad impugnare la rabbia popolare per dire con piglio rivoluzionario: «Io sono e resterò l’allenatore della Juve». Alleggerito perfino dall’obbligo del posto Champions, data la nuova classifica. Vedremo se alla fine resterà davvero. Intanto Max, nella partita della rabbia, incrocia Gasp, il mago delle plusvalenze virtuose. Non quelle fraudolente che guariscono bilanci malati, quelle sane: compri un giocatore, lo migliori attraverso il lavoro e le conoscenze e lo rivendi a prezzo moltiplicato. Negli ultimi sei anni nessun tecnico ha messo nelle casse del suo club tanti milioni quanti ne ha fatti fruttare Gasperini raffinando talenti grezzi, per la gioia dei Percassi: da Caldara a Kessie, da Bastoni a Gosens, ultimi Scalvini e Hojlund che valgono già un tesoro. La Dea delle plusvalenze pulite. Se per davvero la Juve della nuova dirigenza vuole imporsi un futuro sostenibile e sterzare sulla via dei giovani da valorizzare, come fa a non pensare a Gian Piero Gasperini?
Tra l’altro l’allenatore dell’Atalanta, torinese di Grugliasco, è cresciuto in bianconero. Nei primi anni Settanta, da giovane fantasista di belle speranze, ha visto arrivare i vari Gentile, Cabrini, Scirea, Fanna, Paolo Rossi che puntualmente sbocciavano campioni senza bisogno di ingegneria contabile perché quei campioncini ad ogni partita valevano un po’ di più. Merito di un ambiente virtuoso che educava i giovani nel migliore dei modi, attraverso la competenza, la disciplina, il rigore etico e un poderoso senso di appartenenza. Era la Juve di Giampiero Boniperti, la Juve dello stile. Quella sì una capitale della cultura.