Nole avanza Ma il tendine fa sempre male «Tengo duro»
Batte Dimitrov e ancora una volta chiama il medico: «All’inizio del torneo non volevo giocare»
Smorfie di dolore, sguardi di sofferenza, piegamenti sofferti. Il percorso verso la Decima è lastricato di dubbi: Novak Djokovic non sta bene, il tendine del ginocchio sinistro infiammato non mette giudizio e il campione di nove Australian Open deve fare i conti con le sensazioni di chi, al risveglio, non è sicuro di poter giocare un’altra partita. Eppure, con orgoglio smisurato e la solita tempra leonina, Novak approda agli ottavi, infilando la 24 vittoria di set, cui si arriva dopoache il bulgaro fila sulla Rod Laver Arena e la 37a sul suolo australiano dal 2018. Alti e bassi Sulla vittoria contro Grigor Dimitrov, che l’ha battuto una sola volta su 11 e addirittura 10 anni fa, ha un peso fondamentale il tie break del primo ha recuperato un break e annullato tre set point al Djoker prima di sprecare a sua volta tre opportunità per chiudere il parziale. Lo avesse vinto Grisha, allungando la sfida, probabilmente sarebbero stati guai per Novak, in difficoltà negli spostamenti e costretto a chiamare il medical time out in avvio di secondo set: «Ho iniziato il match davvero bene. Ma ci sono stati degli alti e bassi relativamente alla mia gamba. Ho però trovato il modo di vincere un match entusiasmante, una bella battaglia. In questo e negli altri match le cose sono iniziate piuttosto bene, ma poi il fastidio è arrivato e peggiorato. Quindi prendi pastiglie, ti
fai massaggiare. Questo funziona per un po’, poi smette, poi funziona di nuovo. Ci vogliono un sacco di energie mentali per gestire un match così. Ma bisogna adeguarsi. Per come erano messe le cose prima che il torneo iniziasse, non pensavo sarebbe stato possibile giocare. Ma sono ancora qui e tengo duro». È vero che il Dimitrov del secondo e terzo set, pur lottando, si consegna pian piano alla ragnatela serba, ma adesso l’incrocio con De Minaur, per Djokovic, rischia di mettere sul piatto una sfida fisica, con molta corsa e scambi prolungati. E magari destinata al cuore della notte come successo a Murray, se verrà giocata in serale: «Per il pubblico è eccitante vedere match che finiscono alle 2 o alle 3 di notte, ma per noi è davvero faticoso. Anche se riesci a vincere, questi match ti lasciano un segno. Ti distruggono completamente il ritmo del sonno e non ti danno modo di recuperare adeguatamente. Bisogna aggiustare la programmazione». Parole come balsamo per Murray, che ha dormito tre ore dopo il match con Kokkinakis ed è stato eliminato per sfinimento da Bautista: «Basterebbero piccoli cambiamenti — spiega lo scozzese — agli Us Open giocano solo due match in sessione diurna: facendo lo stesso qui, si potrebbero anticipare le sessioni serali di un’ora». Ascoltate il vecchio saggio.