La Gazzetta dello Sport

Lippi «La Champions con la Juve? Per l’Avvocato ero da 10 e lode»

L’allenatore del trionfo europeo nel 1996 racconta: «Era unico e tra di noi c’è stato un rapporto speciale. Vincevamo tanto e lui me lo riconoscev­a sempre»

- Di Fabio Licari TEMPO DI LETTURA

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l miglior allenatore del mondo non è Capello ma Lippi. E ce lo teniamo ben stretto». Villar Perosa, agosto 1996. La Juve ha vinto la Champions, il Milan lo scudetto, l’Avvocato ci tiene a precisare le gerarchie: entra in campo sottobracc­io al suo allenatore sotto la pioggia, si gode la “sua” partita. La gente lo invoca: «Se uno non è popolare a casa propria non so dove mai possa esserlo». Eugenio Scalfari ha scritto che, nel suo piccolo, la partita della Juve nel giardino di Agnelli ferma il tempo. Lippi ne ha giocate parecchie con l’Avvocato accanto. Lippi è una mossa vincente del fratello Umberto, con la collaboraz­ione di Giraudo, Moggi e Bettega. Ma Gianni Agnelli dà la sua benedizion­e. Un giorno dice: «Se potessi, gli farei un contratto a vita». Marcello Lippi sorride ripensando a quelle parole. «Con l’Avvocato c’è stato un rapporto speciale. La mia Juve vinceva tanto e lui me lo riconoscev­a sempre. Era una persona unica, sono orgoglioso di averlo reso felice».

«Lo squillo alle 6 e mezza» Riavvolger­e il nastro del doppio ciclo di Lippi è come veder scorrere un film avventuros­o. Con qualche agguato, alcune ferite di striscio, e i protagonis­ti che alla fine vincono. C’è anche qualche scena che allenta la tensione, tipo le telefonate all’alba. La prima il 13 agosto 1994. Lippi è in ritiro a Villar Perosa, non ha mai parlato con l’Avvocato. «Lo squillo alle sei e mezza. Non l’ultimo, sapeva che ero mattiniero come lui… Non facevo finta di non sentire, non disturbava mai. La cosa bella è che non telefonava soltanto dopo i successi. Se qualcosa non era andata bene voleva rincuorarc­i. Anche se veniva al campo dopo due brutti risultati: prima di andar via mi diceva “mi saluti i ragazzi”».

«Bello smentirlo» A novembre però la Juve fatica. C’è un convegno alla Bocconi, a Milano. Tra gli invitati Monti, De Benedetti e Gianni Agnelli. Un tifoso bocconiano gli urla una domanda: «Ma lo scudetto, Avvocato, lo vinciamo quest’anno?». Agnelli ha già un piede dentro la Croma, si ferma, sorride e risponde: «Più facile che l’Italia rientri nel Sistema monetario europeo...». Non è proprio un compliment­o, i relatori hanno spiegato quanto sia difficile rispettare i parametri Cee. Aggiunge: «Più facile vincano le Ferrari che la Juve». La Ferrari non esulta dal ‘79 con Scheckter, l’ultimo scudetto della Juve risale all’86 con Trapattoni. «Ho scoperto che Trap fa l’allenatore dei magistrati, che sorpresa…». Potrebbe sembrare un messaggio subliminal­e. Lippi: «Ricordo bene. Ma le critiche, le frecciate, erano dettate soltanto dalla simpatia e dall’affetto. Non c’era mai cattiveria. Per una volta è stato bello smentirlo: ne sarà stato contento».

Prodotti di Viareggio Così contento, l’Avvocato, da paragonare Lippi a… «Un attimo, questa non posso dimenticar­la, è la sua battuta migliore», fa Lippi divertito. «Disse che ero il più bel prodotto di Viareggio dopo Stefania Sandrelli. Se permette… Il suo modo di farmi un grande compliment­o». Forse anche per farsi perdonare quel “sistema monetario”: «Era immensamen­te felice perché la Juve non vinceva niente da otto anni ed era tornata al vertice. Quando mi hanno chiamato c’era voglia di invertire quella tendenza. Noi abbiamo risposto con lo scudetto, la Champions e l’Interconti­nentale, tutto insomma».

«Noi toscani incazzosi» L’impression­e è che Lippi gli sarebbe piaciuto anche se avesse vinto un po’ meno. A maggio 1995 l’Avvocato telefona di buon mattino a Candido Cannavò, allora direttore della Gazzetta. Lippi non ha ancora vinto niente, ma dà spettacolo:«Questo gruppo un nome ce l’ha: è Lippi. Uomo semplice, intelligen­te, conosce il calcio e non si lamenta mai. Gli mancano titolari? Lui dice: si rimedia lo stesso». Lippi ora fa il modesto: «Avevo venti giocatori tutti titolari». L’Avvocato continua così: «Parla sottovoce e ha carisma. Io non lo conosco molto, ma il suo carattere mi piace. Serio, presente a se stesso. Pensi, è un viareggino. Incredibil­e». Come incredibil­e? Risata forte di Lippi: «Eh, noi toscani abbiamo la fama di essere incazzosi…».

«Ma quale minestra» La notte della Champions con l’Ajax, nel ’96 a Roma, l’Avvocato abbandona lo stadio prima dei rigori. «Mi telefonò l’indomani mattina alle otto e mezza. Disse che meritavo un dieci e lode». L’Avvocato sbaglia la profezia sulla Ferrari, non quella sulla Nazionale. «Tra un paio d’anni Lippi potrebbe diventare c.t.». Un anticipo di otto anni: «Gli piaceva che un giorno il suo tecnico si facesse onore con l’Italia». Nel ’99 Lippi si dimette. Nel 2001 il club decide di cambiare Ancelotti e l’Avvocato fa un nome: «Con Lippi si vince». Si vince sì. «A chi gli faceva notare che ero una minestra riscaldata, rispose: “Prima vediamo la qualità della minestra”».

L’addio La sera del 5 maggio 2002 Agnelli telefona a Lippi: «Bravo, compliment­i, mi ha fatto felice». Non ha il tempo di un’altra chiamata perché il male se lo porta via. Ma prima chiede di incontrarl­o: «Andai a casa sua, era in poltrona con una coperta sulle gambe. Mi parlò delle partite più belle. Sentiva che stava arrivando il suo momento, quello era stato il suo modo per ringraziar­mi».

«Disse che ero il più bel prodotto di Viareggio dopo Stefania Sandrelli Era il modo di farmi un compliment­o»

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