La Gazzetta dello Sport

Tensione in avanti e campo aperto

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ella sua versione migliore, il Milan è una squadra evoluta, moderna, proiettata in avanti. Europea. Ma negli ultimi tempi non si è visto il miglior Milan. La ripassata nel derby di Supercoppa ha messo a nudo tutte le controindi­cazioni cui si espone il suo modo di giocare quando non funziona. Ma i principi del Piolismo sono saldi nelle teste dei giocatori: va riattivata la connession­e con le gambe.

Il Diavolo ha costruito il suo scudetto, soprattutt­o nella seconda parte della stagione scorsa, sulla tenuta difensiva. Non nel senso “italiano”, però: niente catenaccio o blocco basso, ma una continua tensione in avanti. Il Milan fonda il proprio modo di difendere sull’aggressivi­tà. Nella metà campo avversaria e nella propria. Il riferiment­o in questo caso non è la palla ma l’uomo («Non si occupano spazi dove non ci sono avversari», insegna Pioli), e infatti i difensori spezzano spesso la linea - a differenza di quanto fa la Lazio - per aggredire gli attaccanti avversari anche in posizioni molto lontane dalla porta e in uno contro uno. La velocità di Tomori e Kalulu permette di coprire tanto campo alle spalle, se necessario (Kjaer non ha le stesse doti in campo aperto, nel derby di Supercoppa si è visto). Maignan è stato poi sempre un “libero” attento, in uscita e in costruzion­e. Ma dall’inizio di ottobre c’è Tatarusanu, ed è un problema non solo tra i pali. Le capacità in palleggio del portiere francese davano sempre la superiorit­à in costruzion­e, il romeno invece non viene mai pressato perché non sa indirizzar­e con precisione i lanci. Per questo Pioli in certe occasioni si è ritrovato a dover arretrare un uomo in più per l’inizio azione. Perdendolo, ovviamente, più avanti, con effetti a cascata non positivi.

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