I miracoli di Spa Lletti
inquanta punti oggi, 39 un anno fa alla stessa altezza di campionato, le 19 giornate dell’andata. Il Napoli campione d’inverno è cresciuto di 11 punti. Un salto in avanti che varrà lo scudetto, salvo crolli o autolesionismi vari. Stesso allenatore, Luciano Spalletti, e impressionante miglioramento. Spalletti raccoglie oggi quel che aveva seminato ieri. In estate le partenze di Koulibaly, Ruiz, Insigne e Mertens sembravano preludere a un ridimensionamento. Gli arrivi di Kim, Kvaratskhelia, Raspadori e Simeone hanno smentito i pessimisti. L’acquisto di Kvaratskhelia, il più luccicante dei nuovi, e i gol di Osimhen non spiegano tutto. C’è dell’altro, ci sono le intuizioni di Spalletti.
L’evoluzione Di Lorenzo alla Cancelo
Molti allenatori lavorano sul superamento dei ruoli. Nulla che non si sia già visto in tempi recenti e lontani, le tendenze sono cicliche, vanno e vengono. Spalletti ha lavorato su Giovanni Di Lorenzo come Pep Guardiola su Joao Cancelo al City da qualche anno a questa parte. Prendere un terzino e renderlo un giocatore universale. Di Lorenzo è diventato altro dall’esterno basso che sale, si sovrappone e crossa, meccanismo naturale per un terzino moderno. Ha imparato a modularsi come centrocampista. Non è raro che si accentri e da lì premi l’inserimento di un compagno con una palla filtrante o un traversone. Terzino, mezzala, trequartista. Sull’altra fascia, la sinistra, Mario Rui con altri mezzi e caratteristiche macina lo stesso gioco. Sia Di Lorenzo sia Mario Rui salgono e non è facile decodificarne le intenzioni: si allargano o si accentrano? Il dubbio semina esitazioni negli avversari, attimi fatali che possono costare molto.
Esterno-interno Le catene laterali
Di Lorenzo-Anguissa-Politano (o Lozano) a destra. Mario RuiZielinski-Kvaratskhelia a sinistra. Sono le catene “spallettiane” tra esterno e interno. Kvaratskhelia ha moltiplicato la pericolosità della corsia mancina: 7 gol, 7 assist, 25 occasioni create. Il georgiano salta l’avversario con facilità, scombina le linee avversarie e semplifica ogni azione. Qui c’è stato il miglioramento più evidente, un “upgrade” generato dalle qualità di Kvaratskhelia, ma averlo preso a un prezzo accessibile è un merito, non una colpa. Creare gli spazi e riempirli è la missione di tanto ondeggiare tra esterno e mezzo interno. E uno dei sei di cui sopra fa il doppio gioco.
L’uomo in più Il doppiogiochismo di Zielinski
Piotr Zielinski è il deviatoio ferroviario, volgarmente detto scambio. Rende indefinibile il sistema del Napoli, oscillante tra 4-2-3-1 e 4-3-3. L’assetto dipende da Zielinski, un po’ interno e un po’ trequartista. Zielinski fa la virgola da sinistra al centro oppure interagisce con gli anelli della sua catena, Rui e Kvaratskhelia. È un tessitore seriale di potenziali situazioni da gol, ne ha provocate 39, più di Kvaratskhelia. Si inserisce, va a rimbalzo. I tre gol fin qui segnati in campionato sembrano pochi rispetto alla sua partecipazione al gioco. Grazie a Zielinski, Spalletti va oltre i ruoli e i moduli. L’unica certezza è la linea difensiva a
Undici punti in più rispetto al girone d’andata dello scorso campionato L’allenatore raccoglie quanto ha seminato nella prima stagione
quattro in fase di non possesso. Tutto il resto varia secondo momento e necessità. Zielinski è un po’ l’uomo simbolo di tanto trasformismo. E tra le righe si capisce come Spalletti lavori al futuro: non è detto che l’esperimento Raspadori nuovo Zielinski riesca, ma il fatto che l’allenatore ci abbia pensato e ci lavori spiega abbastanza dell’irrequietezza propositiva di Spalletti, sempre alla ricerca di nuovi sentieri.
Lobo-distributore Il centro di gravità permanente
Non c’è squadra di Spalletti che non si fondi su un regista distributore. L’allenatore del Napoli ha bisogno di qualcuno che davanti alla difesa smisti, detti i tempi e recuperi. Alla Roma aveva Pizarro, all’Inter si è inventato Brozovic direttore del coro. Al Napoli si è affidato a Stanislav Lobotka e lo slovacco l’ha ripagato. È lui che tiene insieme tutto. Per inceppare il Napoli o complicargli lo sviluppo del gioco, bisogna oscurare Lobotka, incollargli addosso un uomo che gli impedisca di ragionare. Lobotka è un regista con la struttura fisica e la propensione al contrasto di un mediano. Se occorre, si schiaccia sulla linea difensiva e risolve problemi. Sette palle perse e 121 recuperate: l’importanza di Lobotka in due cifre.
Le tipicità Pressioni e possesso verticalità e fisicità
Il Napoli è la squadra di A con il miglior possesso palla: fin qui 33 minuti e 39 secondi di media a partita (dato Lega). Costruisce dal basso, ma riesce a minimizzare gli indugi e gli errori, e procede il più possibile per linee verticali. Esprime una fisicità debordante: Kim, Anguissa e Osimhen formano una dorsale impressionante. Il Napoli recupera palla con pressioni dense. Non è capolista per miracolo, ma perché è stato costruito bene e assemblato meglio.