La Gazzetta dello Sport

Basso cerca talenti Pozzato: «Sterrato che invenzione»

- Di Ciro Scognamigl­io MILANO

Le storie che si raccontano e si intreccian­o sul palco emozionano. E d’altro canto se metti insieme Giuseppe Saronni e Gianni Bugno, Filippo Pozzato e Damiano Cunego più Ivan Basso, fai molto prima a mettere insieme quello che non hanno vinto, invece di ricapitola­rne i successi. Giuseppe Saronni ha buon gioco a sottolinea­re che il suo nome è nell’albo d’oro di tutte le corse di cui si è parlato ieri a Le Village by Credit Agricole Milano, Giro di Sicilia (vinto nel 1977) compreso, tranne il Gran Piemonte e... «la Strade Bianche, che ai miei tempi non si disputava. Penso che sarebbe stata un’altra occasione per battere il mio amico Francesco (Moser, ndr...)».

Tempo

Filippo Pozzato ha fatto in tempo a pedalare sullo sterrato senese: «Nel 2010 sfiorai il podio, quarto. La corsa me la fece perdere Flecha. All’inizio quando la proposero ero scettico, mi chiedevo perché si dovessero andare a cercare strade così. Invece è diventata una competizio­ne fantastica, amata. La più bella del mondo. Una sintesi perfetta tra tradizione e modernità. La gente si appassiona a questo filo conduttore, a questo spettacolo suggestivo. La seguono tantissimi giovani». «Si tratta di un patrimonio da tutelare di tutto il ciclismo», sottolinea Bugno, e il nome del monzese — una volta ribadita all’unanimità la centralità della TirrenoAdr­iatico,

che si può considerar­e la gara a tappe di una settimana più importante al mondo — porta tutti idealmente alla Milano-Sanremo. «Ho ancora io la media-record, è vero — ricorda Bugno, che nel 1990 ‘volò’ a 45,806 km/h—. C’era forte vento fin dalla partenza, così dalle parti di Genova ci ritrovammo in pochi. Da lì, iniziò un’altra corsa. La Sanremo comunque non era adatta a me. Sono stato fortunato». Puro understate­ment in stile Bugno, insomma.

Feeling Se parliamo di atleti e percorsi, non c’è dubbio invece che Damiano Cunego fosse tagliato alla perfezione per il Lombardia, conquistat­o 3 volte. Dopo Coppi, che fece cinquina nel 1954, a 3 sono arrivati solo Sean Kelly e appunto il veronese: «Arriva a fine stagione, un momento in cui io riuscivo sempre a essere in forma. Amavo il percorso. E lo studiavo bene. Successi costruiti, voluti». Una volta, sul podio con Damiano, chiuse pure Ivan Basso, 3° nel 2004. Quell’Ivan Basso che adesso con la EoloKometa sta cercando di tirare fuori i talenti del futuro: «Sono sicuro che dalla mia cantera usciranno uno o due campioncin­i entro il 2030. Noi italiani non dobbiamo lamentarci del fatto che non abbiamo tra i giovani potenziali fenomeni. Invece ci sono, proprio come in Belgio, Olanda, Slovenia... Siamo noi che dobbiamo farli andare forte».

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