Una lunga caduta
MERCATO, INFORTUNI CALI DI TENSIONE DUBAI E IL MONDIALE IL DIAVOLO È SPARITO
La crisi dei rossoneri parte da un’estate di acquisti mancati. Theo e Giroud sono rimasti in Qatar. Il contratto di Leao turba S
tefano Pioli ha impiegato 3 anni per costruire il Milan dello scudetto. Sono bastate 7 partite per farlo crollare. Sembra. In realtà il cedimento strutturale parte da lontano. La responsabilità, nei disastri come nei trionfi, è sempre collettiva. Partiamo dal mercato estivo caduto in mezzo al passaggio di proprietà. Il closing di Red Bird è avvenuto il 31 agosto, ultimo giorno di trattative. Di fatto il mercato l’ha gestito il fondo uscente, Elliott. Situazione anomala. Come il rinnovo di Maldini, direttore dell’area tecnica, e Massara, direttore sportivo, arrivato il giorno della scadenza. Le scorie sono rimaste in circolo e nei momenti di crisi non aiutano. L’empatia tra Maldini e la proprietà è sottile.
Mercato avaro Serviva un difensore di alto profilo perché Kjaer, non un ragazzino, veniva da un infortunio importante (270 giorni fuori) e perché era lecito attendersi un calo di Kalulu e Tomori, ottimi protagonisti dello scudetto. Come i reduci da infortunio giocano meglio la prima partita della seconda, così i giovani spesso calano senza la tensione del debutto. Occhi puntati sull’olandese Sven Botman. Serviva un innesto eccellente anche nel vuoto lasciato da Kessie, colonna dello scudetto. Considerati Renato Sanches ed Enzo Fernandez, che sarebbe stato grande protagonista in Qatar. Sfumano tutti e tre. Arrivano le scommesse Thiaw e Vranckx che faticano a integrarsi. È in zona rifinitura che il Milan spende il grosso delle fiches a disposizione: 35 milioni per De Ketelaere, indubbio talentino, anche se poco attenzionato dalle big d’Europa. Origi, riserva del Liverpool, per un attacco scarno, ridotto al lungodegente Ibra (41 anni) e Giroud (36). A Pioli serviva molto di più per confermarsi. Cento giorni dopo il trionfo-scudetto, il Diavolo torna al Mapei Stadium, 30 agosto. Lo 0-0 di un Milan molle e confuso fa capire subito a Pioli che non sarà facile mantenere la fame e la ferocia della stagione scorsa. La sconfitta col Torino e lo 0-0 di Cremona gli confermeranno questa sensazione: dovrà lavorare duro sulle motivazioni. Una squadra giovane è ancora più a rischio di appagamento. Anche per questo servivano un paio di campioni che avrebbero portato nuovo entusiasmo e stimolato nuove prospettive. Il Milan comunque vince il derby con Giroud, segno di continuità, batte la Juve e arriva alla sosta mondiale in seconda posizione, dietro al super-Napoli. Nei dieci giorni (troppi?) di ritiro a Dubai, imposti dagli impegni commerciali, qualcosa si guasta: due amichevoli pesanti (perse) in tre giorni (Arsenal, Liverpool), doveri di rappresentanza, il fuso, viaggi lunghi, anche per raggiungere le strutture di allenamento... Se nell’inverno 2006 Ancelotti, sull’orlo dell’esonero, aveva ricaricato la squadra a Malta tanto da vincere poi la Champions ad Atene, Pioli riporta a casa un Diavolo più imballato di prima e avvilito dalla mazzata Maignan: sembrava pronto per rientrare il 4 gennaio e invece mancherà a lungo. E mancheranno maledettamente le sue parate e il suo carisma.
Tassa Mondiale
Anche il Mondiale rimpicciolisce il Milan. Theo Hernandez gioca ottime partite, un gol al Marocco, ma s’infortuna al ginocchio. La Francia fa di tutto per schierarlo in finale dove delude. Poi deve fermarsi per recuperare e perde condizione. Giroud segna 4 gol, le gioca tutte e arriva alla finale con la lingua fuori. Pioli ritrova i suoi francesi stanchi, acciaccati e avviliti dalla finale persa, a differenza di Lautaro che sbarca campione del mondo e zampilla subito gol. Leao s’impiglia presto nelle ragnatele del rinnovo che disturba anche lo spogliatoio. Due anni fa il tormentone Donnarumma, il capitano; lo scorso anno il mancato rinnovo di Romagnoli (altro capitano) e Kessie; a questo giro il giocatore più forte. Un vizio. Quando il gruppo vede traballare i suoi totem, ne ricava insicurezza. Che cos’è il Milan senza la corsa di Theo, i gol di Giroud e l’allegria di Leao? Cosa diventa senza la condizione atletica per sostenere il gioco aggressivo e intenso che ha fruttato uno scudetto miracoloso?
Il crollo e Pioli Questo Milan, progressivamente rimpicciolito da tanti accidenti, ha battuto la Salernitana alla ripresa del campionato, ha giocato bene con la Roma, suicidandosi nel finale (2-2) e poi è crollato: 5 sconfitte in 6 partite, 16 gol subiti, sconfitto in Supercoppa, eliminato in Coppa Italia, fuori dalla zona Champions. Pioli ha provato a tenere in piedi il Diavolo in tutti i modi. Prima confermando l’identità di gioco per dare sicurezza ai giocatori tremolanti nell’emergenza nera, poi, quando ha capito che il modulo scudetto non riusciva a proteggere una difesa allo sbando, ha imposto la svolta del derby. Che non era follia, ma logica: provare a frenare l’Inter nel primo tempo con la densità del 3-5-2, per poi colpirla con il solito Milan, contando sulla stanchezza da Coppa Italia dei nerazzurri. Squadra snaturata? Forse, ma, se sei malato, ti copri con sciarpa e il cappello sulle orecchie. Alla bellezza tornerai a pensare quando passa la febbre. Da «Pioli on fire» a «Pioli al rogo» è un attimo, per i social. Avesse avuto Botman, Fernandez e un De Keteleare dal rendimento di Kvara, non sarebbe ridotto così. Ora tutto il mondo Milan deve stringersi attorno al suo tecnico e aiutarlo a scavare con le mani tra le macerie, alla ricerca di quel che resta di una squadra da scudetto. Non c’è altra via.