LAZIO È UN’OSSESSIONE COSÌ IL PROGETTO SARRI FARÀ IL SALTO DI QUALITÀ
uesto può, anzi deve essere l’anno giusto. La qualificazione in Champions, che ai tempi di Cragnotti era una piacevole consuetudine, è stata spesso e volentieri il «vorrei ma non posso» della Lazio targata Lotito. Una gestione, quella attualmente in corso, che ha comunque portato in dote alla bacheca societaria ben sei coppe (tre volte la Coppa Italia, altrettante la Supercoppa italiana), facendo salire il totale dei trofei societari da 10 a 16. Decisamente non poco. Ma nello stesso periodo le presenze dei biancocelesti in Champions sono state soltanto tre, anzi due più una. Negli ultimi quindici anni la Lazio ha infatti partecipato alla regina delle competizioni europee con Delio Rossi nella stagione 2007-08 (fermandosi al termine della fase a gironi) e poi di nuovo nel 2020-21 con Simone Inzaghi (in quell’occasione arrivò fino agli ottavi di finale). Mentre nell’annata 2015-16, con Stefano Pioli in panchina, la corsa si fermò subito, al playoff estivo, perso con il Bayer Leverkusen.
L’ossessione In altre tre occasioni (due volte con Reja in panchina, nel 2011 e nel 2012, un’altra con Inzaghi, nel 2018) la qualificazione in Champions sfumò soltanto all'ultima giornata di campionato. E, in due casi su tre, solo per la peggiore differenza reti. Situazioni rocambolesche e delusioni cocenti che hanno alimentato in questi anni una sorta di sindrome Champions nell’ambiente laziale. Trasformando così quell’obiettivo in una vera e propria ossessione che, anche quest’anno, rischia di essere il vero nemico da cui deve guardarsi la Lazio. Chiaro che ci sono anche avversari temibili con cui giocarsi il piazzamento tra le prime quattro. Ma la Lazio teme soprattutto se stessa, i suoi crolli improvvisi quando sembra pronta al decollo. È accaduto tante volte negli ultimi anni e sta succedendo anche in questo campionato. Con quelli persi lunedì a Verona sono diventati addirittura 17 i punti lasciati per strada dai biancocelesti da una situazione di vantaggio. E la media punti contro le prime dieci squadre in classifica (2 per gara) è maggiore di quella ottenuta contro le ultime dieci (1,75 a partita). Segno che la formazione di Sarri se la cava bene negli scontri diretti e si smarrisce in quelli con le piccole.
I biancocelesti sono quarti: qualificazione fondamentale per un futuro più ambizioso E per tenere Milinkovic
Solo tre volte Negli ultimi 15 anni tre presenze in Champions. Ma una volta la corsa s’è fermata al playoff
Bivio Sarri Il tecnico sta cercando in tutti i modi di risolvere questi problemi («serve un’attenta riflessione sulle cause che determinano queste situazioni», ha detto dopo il match col Verona a proposito dell’ennesima rimonta subita dalla sua squadra). Lo farà nei prossimi giorni per cercare una soluzione definitiva. Anche perché sabato prossimo all’Olimpico c’è lo scontro diretto con l’Atalanta, una partita che può già avere conseguenze importanti sulla lunga volata Champions che attende le due formazioni che si affrontano insieme con Milan, Roma e Inter (tre andranno in Champions, le altre due in Europa League). Pure per Sarri, non solo per la Lazio, è di vitale importanza tagliare quest’anno il traguardo Champions. Con il club di Lotito l’allenatore toscano ha firmato un contratto fino al 2025. Il progetto è a medialunga scadenza, quindi, ma l’approdo in Champions (anche e soprattutto per la ricaduta economica che avrebbe) diventa un passaggio fondamentale per rendere il progetto oltre che lungo anche ambizioso. Sì, perché una qualificazione in Champions ri-motiverebbe certi giocatori che si interrogano sul da farsi per la prossima stagione (Milinkovic su tutti) e consentirebbe di acquistarne di nuovi di un certo livello. Per migliorare ed allargare la rosa, una lacuna che è stato il cruccio di ogni allenatore che si sia accomodato sulla panchina biancoceleste negli ultimi anni.