JUVE CON IL TRIDENTE ALLEGRI NON SPRECHI L’OCCASIONE D’ORO
Se perde lo criticano, se vince deve comunque sorbirsi appunti. Ma non è una persecuzione ricordare ad Allegri che, oltre il bel 3-0 alla Salernitana, c’è la possibilità, se non l’obbligo morale, di recuperare nuove vecchie strade e presentare una Juve diversa. Anzi è il momento giusto, considerati gli obiettivi “all-in” da qui a maggio. La Juve deve vincere qualcosa e non ha niente da perdere sul campo. Avere Chiesa, Di Maria e Vlahovic, più cambi all’altezza, e gestirli in nome della sostenibilità, pare un peccato, forse uno spreco.
Nessuna pretesa di attaccare ideologicamente un 3-5-2 con il quale, in anni recenti, Conte ha ristrutturato la Juve e Allegri le ha dato continuità vincente, con il quale Gasperini ha messo paura all’Europa. Un bel 3-5-2 può essere più offensivo e spettacolare di un 4-3-3 edonista e velleitario. Non tutto va valutato con i parametri dell’estetica e del “giochismo”, ci sono situazioni, tradizioni e interpretazioni. Alla Juve, lo diceva Boniperti, vincere è l’unica cosa che conta, e in questo momento lo è ancora di più, vista l’urgenza di classifica. Ma la retrocessione sul campo è un’ipotesi teorica: la Juve è una squadra da Champions e alle altre di Champions dovrebbe ispirare la seconda, importantissima, parte della stagione. Con due obiettivi, Europa League e Coppa Italia, dal significato oltre l’albo d’oro.
Dopo la partenza negativa, sicuramente bene ha fatto Allegri a compattarsi nell’affidabilità della difesa a tre, per fermare l’emorragia di gol subiti e ritrovare certezze smarrite. Un’iniezione di fiducia però illusoria, fino al duro impatto con il Napoli e con la realtà di una squadra che pensa e gioca un altro calcio, al di là delle formule tattiche.
Quella sera il pragmatico Allegri non può aver ignorato che, quando l’avversario è di un’altra categoria, chiudersi non è sinonimo di blindarsi. Si rischia il contrario. Questo è lo stesso messaggio arrivato dalla Champions, macchiata dal ko con il Psg per una sorta di resa preventiva, e poi dalla doppia sconfitta contro un Benfica offensivo ai limiti dell’incoscienza. Per non parlare dell’aggressività operaia del Maccabi che ha segnato una delle pagine moderne più umilianti.
Uno scenario aggravato dagli infortuni che impedivano obiettivamente al tecnico di proporre un progetto credibile: Pogba, Vlahovic, Di Maria e Chiesa sono come Anguissa, Osimhen, Zielinski e Kvaratskhelia per Spalletti.
La Juve ora sta ritrovando i suoi top. Non sono tante le squadre che possono permettersi un tridente con Di Maria, Vlahovic e Chiesa, più Kean, Iling, Soulé e Cuadrado, più Milik quando rientrerà. E non c’è neanche una grande d’Europa che rinunci ad (almeno) tre attaccanti,
se si esclude il Real Madrid che ha vinto l’ultima Champions con l’equlibratore Valverde a destra, ma oggi sta un po’ pagando la freschezza del Barcellona, in attesa degli ottavi con il Liverpool. Le altre schierano tutte tridenti offensivi. Il Bayern ha quattro ali titolari (Sané, Coman, Gnabry e Mané ) e non si sogna di compensare questa spinta inserendo un mediano.
I bianconeri possono schierare Vlahovic con Di Maria e Chiesa per puntare a Europa League e Coppa Italia
Dal Psg di Messì, Mbappé e Neymar all’Arsenal primo in Premier con Saka, Nketiah e Martinelli (o Trossard), passando per City, United, Chelsea, Liverpool, Tottenham: il manifesto del calcio moderno, proposto anche dal Mondiale, è un attacco a tre che allarghi e dia profondità al gioco.
Davvero impossibile che Bremer si adatti a una linea a quattro o Kostic faccia soltanto l’esterno a tutto campo? Pensare di prendersi l’Europa League difendendo a cinque, con tutti dietro la palla, sarebbe una falsa partenza. Così come in Coppa Italia sarebbe un favore all’Inter attaccare con due punte contro i tre centraloni di Inzaghi. L’Europa League vale la Champions e la Coppa Italia significa Europa League: di questi tempi meglio non scherzarci su.