Le sorelle sciatrici e due grandi amori: l’Inter e Vasco Rossi
Il suo sorriso smagliante e coinvolgente rimarrà per sempre. Quello con cui Elena Fanchini ha affrontato tutte le insidie di una vita da possibile predestinata che invece le ha messo di fronte una litania infinita di sfortune fisiche, fino alla terribile prova del tumore. Ci rimarranno la sua allegria, il suo coraggio, la sua feroce volontà di non volersi arrendere mai, e quella classe sopraffina sugli sci sublimata da una sensibilità di piedi da fuoriclasse assoluta.
Tutto in famiglia Elena nasce all’ospedale di Lovere da Giusi, addetta in un’impresa di pulizie, e da Sandro, operaio agli impianti di risalita di Montecampione, dove risiede tutta la famiglia. È appunto il padre a iniziare allo sci lei, la sorella Nadia, più giovane di 14 mesi, e Sabrina, che ha tre anni di meno. E non può essere altrimenti: con la moglie impegnata dal lavoro fuori casa, lui è costretto a portarle agli impianti e l’unico modo per tenere impegnata la loro vivacità è di farle armeggiare con gli sci. A livello giovanile, in Italia, il loro è un dominio: Elena vince 5 volte il tricolore nella categoria ragazze e poi travolge ogni avversaria nel 2001, conquistando tutti e tre i titoli in palio nella categoria Allieve: superG, gigante e slalom. Gioca pure a calcio, è tifosissima dell’Inter (il cui profilo Twitter è stato il primo a ricordarla) e da ragazzina si è dedicata anche all’atletica, nel salto in lungo, arrivando a 4.50: e forse proprio gli impatti con la sabbia ne hanno reso fragili le ginocchia, l’eterno punto debole.
I successi Il mondo impara a conoscerla nel febbraio del 2005, alla rassegna iridata di Bormio e Santa Caterina: è ancora junior, ha già saltato tre stagioni su quattro per quei maledetti crac alle ginocchia, ha appena esordito in Coppa e le avversarie ancora la confondono con la sorella Nadia. Ma nella discesa in Valfurva solo la fenomenale Kostelic di quei tempi le resta davanti: un argento meraviglioso, appena tre mesi dopo aver praticamente reimparato a sciare. Passano solo due settimane e ripete l’argento in libera anche ai Mondiali giovanili, dietro la sorella Nadia, con cui sale sul podio (l’altra d’argento, lei di bronzo) anche in superG. È nata una stella. Anzi, due. A dicembre dello stesso anno, Elena finalmente si prende la scena anche in Coppa del Mondo e vince la discesa di Lake Louise. Ma il destino l’attende dietro l’angolo, nella prima gara europea a Val d’Isère. Una discesa dopo una nevicata: esce di linea, finisce nella neve fresca e il ginocchio destro si gira di nuovo. Mesi difficili, faticosi rientri e altri infortuni: sei interventi. E poi la paura, quella
che davanti al pericolo ti irrigidisce. Nel 2014 sembra rinascere, ottiene i primi podi dopo quella vittoria sulle nevi canadesi e nel gennaio del 2015, a Cortina, a nove anni dal trionfo a Lake Louise, assapora di nuovo il gusto di un successo in Coppa, sempre in libera. Una rivincita sul destino, per lei che ormai fa addirittura fatica a rimanere in piedi a lungo. Poi, nel gennaio 2018, alla vigilia dell’Olimpiade coreana, la notizia raggelante: Elena deve fermarsi per curare un tumore. Lo affronta con il solito cuore da leonessa, trascorrendo i giorni difficili della chemio con le canzoni dell’amatissimo Vasco Rossi, su Instagram messo sullo stesso piano delle vittorie, e pensando al ritorno alle gare. A luglio, annuncia la remissione della malattia, è pronta a rimettere gli sci ma in autunno, durante gli allenamenti del superG di Copper Mountain, cade e si frattura il perone. È il sipario: il 21 aprile 2020, insieme a Nadia, annuncia il ritiro definitivo. Ora può godersi le sorelle e le venerate nipotine, senza sapere che il nemico più subdolo è di nuovo in agguato. Buon viaggio ovunque tu sia, Elena.
Gli inizi Lei, Nadia e Sabrina furono avviate allo sci dal padre, operaio agli impianti di Montecampione
Ginocchia fragili Una carriera da possibile predestinata frenata da una serie infinita di infortuni