CORSA CHAMPIONS L’ATALANTA FA PAURA A MILANESI E ROMANE
Non avrebbe bisogno di aiuti, il Napoli, per vincere lo scudetto. Ci riuscirebbe alla grande anche da solo, vista la quantità di punti che ha conquistato: 59 in 22 partite, un’enormità (un percorso nobilitato da una qualità di gioco rarissima nella storia recente del nostro calcio). Invece
le rivali, o presunte tali, hanno addirittura deciso di dare una mano assolutamente superflua, oltre che non richiesta - alla squadra di Spalletti. La quale, a 16 giornate dalla fine, ha la bellezza di 15 lunghezze di vantaggio sulla seconda in classifica: un record per la Serie A.
Un distacco che esalta i meriti degli azzurri, ma suona anche come condanna per le altre: nessuno pretendeva che tenessero il passo della capolista, ma quanto meno che rimanessero a una distanza accettabile. Non è così.
Le cinque che inseguono il Napoli - lasciamo fuori dal conto la Juve, che sarebbe seconda ma è stata allontanata dal vertice per la penalizzazione di 15 punti - sono tutte squadre inaffidabili. La conferma l’ha data l’Inter a Genova:
chi avrebbe mai immaginato che i nerazzurri non battessero la Samp, alle prese con problemi tecnici, societari e ambientali di ogni tipo?
Sembrava anzi la serata ideale per una bella festa nerazzurra: il ritorno della LuLa, la possibilità di allungare sulle concorrenti nella corsa alla Champions, magari un gol proprio di Lukaku con vista sulla sfida europea con il Porto. Invece Inzaghi non è andato oltre lo zero a zero contro il suo vecchio amico Stankovic, al quale va il merito di avere costruito una squadra credibile, alla faccia delle immani difficoltà con le quali si confronta, ma che è stato anche favorito dalla pessima partita dell’Inter. Tanto che, a un certo punto, il tecnico serbo ha perfino accarezzato l’idea della vittoria. E gli interisti hanno anche perso la testa: Barella ha continuato a protestare con avversari e compagni, finché Lukaku non l’ha preso a male parole. Tutto molto brutto.
Il 4 gennaio, quando ha battuto il Napoli, l’Inter si era portata a 8 punti dagli azzurri, consentendo al Milan di arrampicarsi fino a meno 5. Sembrava potesse essere l’inizio di un altro campionato, combattuto anche nella lotta per lo scudetto, invece da allora Spalletti ha conquistato tutti e 18 i punti in palio, mentre le concorrenti si sono squagliate: l’Atalanta, la migliore, ne ha presi 13; Inter e Roma non sono andate oltre quota 11; la Lazio si è fermata più sotto, a 9; incredibile il crollo del Milan, che ha ottenuto la miseria di 5 punti scivolando a meno 18 dalla vetta. Se chi insegue conserverà questo ritmo, al Napoli basterà una manciata di punti per rendersi irraggiungibile.
A proposito di chi insegue: a meno che la giustizia sportiva non ribalti la sentenza sulla Juve, restano cinque squadre per tre posti in Champions. Finora è stata una corsa a ciapanò come se, per vincere, non si dovessero fare punti. Continuerà così? Forse sì, del resto non c’è niente che faccia immaginare il contrario: nessuna riesce a trovare continuità, tutte sbuffano tra un’accelerazione e troppe frenate. L’Inter non sfrutta l’organico che si ritrova, il più completo del gruppo. Roma e Lazio - con i loro allenatori sempre dediti al lamento - frenano non appena sembrano sul punto di compiere un piccolo salto di qualità. Il Milan ha preso fiato con la sofferta vittoria sul Torino, ma veniva da
Napoli da record: non avrebbe bisogno di aiuti dalle rivali Dall’Inter alla Lazio l’affannosa rincorsa di squadre inaffidabili
Tra tutte, quella che sembra potersi lanciare verso l’obiettivo è l’Atalanta: l’unica che non ha l’intralcio delle coppe, tra le poche a non avere l’obbligo di andare in Champions per motivi economici.
tre sconfitte consecutive.
E anche quella che, oggi, sta meglio: è più fresca, più spavalda, più brillante, più organizzata; ha giocatori che rubano l’occhio, da Koopmeiners a Lookman fino allo strepitoso Hojlund.
La Juve è laggiù, le squadre di Milano e Roma rischiano grosso: tante grandi potrebbero vedere la prossima Champions alla televisione.