La Gazzetta dello Sport

Lovric mostra i muscoli, ma Osimhen libera la festa

- di Sebastiano Vernazza INVIATO A UDINE

Ènato è nato, con qualche travaglio, ma alla fine è nato. Il Napoli ha vinto a Udine il suo terzo scudetto, al fondo di una partita in salita, però con lieto fine. E peccato, ma non pazienza, per i tafferugli che hanno guastato la festa. Al triplice fischio i tifosi del Napoli hanno invaso il campo e poco dopo altrettant­o hanno fatto gli ultras dell’Udinese, così il prato della Dacia Arena è diventato un ring a cielo aperto. Calci e pugni, risse sparse. Una scena che non giova a nessuno, in particolar­e alla Serie A. Non è giusto però fermarsi all’istantanea deprimente del reparto mobile della polizia schierato sul prato a dividere la gente. Il Napoli ha vinto uno scudetto bellissimo e meritato, concetto che va sottolinea­to con forza una volta di più.

Muro e frenesia Nel primo tempo il Napoli ha sbattuto contro un muro. L’Udinese è marmorea, mostra muscoli scolpiti nella roccia, difficile scalfirla se la si prende di petto. Il Napoli non è riuscito ad aggirarla: Elmas poco propulsivo a destra, Kvaratskhe­lia quasi sempre raddoppiat­o a sinistra. Molto possesso fine a se stesso e vani assalti frontali. Il resto l’ha fatto la frenesia che coglie chiunque a un passo dal traguardo, un sottosopra fisico-nervoso, la prevalenza della pancia sulla ragione. In più l’Udinese ha individuat­o un

Napoli bloccato dall’ansia e sotto all’intervallo, poi pari e ripresa in controllo

punto di fragilità sul centro-destra del Napoli e lì si è insinuata e infilata. Lovric, su un normale appoggio di Udogie da sinistra, ha riempito un vuoto a perdere. Anguissa ha lasciato andare l’austriaco-sloveno e nessuno dei difensori ha accorciato la marcatura, così Lovric ha liberato un tiro esatto, matematico, quasi all’incrocio. Non era neppure trascorso un quarto d’ora e il Napoli era già sotto, prigionier­o della sua ansia da ultimo metro. C’è stata una reazione, più istintiva che razionale, culminata in un colpo di testa di Osimhen fuori di poco. Così l’Udinese ci ha riprovato, sempre con Lovric, il cui tiro è stato respinto da Meret.

Karma e pareggio All’inizio della ripresa la curva dell’Udinese ha pensato di intonare un coro volgare nei confronti di Luciano Spalletti. Antiche ruggini di molti anni fa, quando l’allenatore lasciò il Friuli per andare alla Roma e crescere, come era giusto che fosse. Spalletti ha alzato le braccia verso gli ultras di casa, a salutarli e a ringraziar­li con velata ironia. Pochi attimi dopo il karma ha presentato il conto alla gradinata udinese, il coretto offensivo si è riconverti­to in boomerang. Cross di Anguissa da destra, tiro di Kvaratskhe­lia, respinta di Silvestri e ribattuta a rete di Osimhen per l’1-1 del tricolore. Kvara più Osi, il riassunto di una stagione. Sull’onda dell’entusiasmo il Napoli ha provato ad andare oltre il pareggio, si è regalato qualche minuto «schiumeggi­ante», poi si è acquietato. Meglio non solleticar­e la fisicità dei bianconeri di Sottil. Ha prevalso la razionalit­à del palleggio lungo, ampio e conservati­vo. Una scelta giusta, lo scudetto non era più differibil­e, contava prendersi quel maledetto e benedetto punto. Il Napoli ha vinto, viva il Napoli e abbasso gli idioti di ogni ordine e tifo.

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