Canta Napoli la notte più bella
UNA GIOIA INFINITA E SENZA CONFINI IL MARADONA PIENO LA CITTÀ IMPAZZITA Al 90’ via alle celebrazioni: è solo l’inizio Esultano anche a New York e Buenos Aires
Abbracciame. Cchiù forte, anzi molto cchiù forte. Ma stavolta non è solo una canzone ormai famosissima di Andrea Sannino, è lo sguardo pieno di gioia che Napoli e il Napoli, che i napoletani e la loro squadra, lontana ma vicinissima, si scambiano nella notte dei desideri: tanto attesa, tanto immaginata, tanto disegnata, scritta, colorita, imbandierata. Sognata. Il terzo scudetto è diventato realtà, punti di vantaggio non più recuperabili, matematica. Soprattutto, felicità. E pure la luna piena ci si mette per completare la scena e baciare una serata che in tanti racconteranno ai figli e ai nipoti all’insegna del “c’ero anch’io”. Proprio come quelle di 33 e di 36 anni fa, che poi serate non erano perché il campionato era ancora una storia di pomeriggio.
Depardieu Lo striscione esposto all’ingresso del Rione Sanità ora fa rima con la classifica del campionato di calcio. “Per me l’Italia inizia da Napoli”. È una frase dell’attore Gerard Depardieu. Ora è la Serie A a dire: confermo. Una conferma che diventa un fiume di gioia che scorre per la città. Lo stadio Maradona, riempito dai fortunati 50mila che hanno vinto la volata con altrettanti, forse di più, potenziali spettatori che avrebbero voluto esserci anche loro, è una piscina della felicità dove la gente si tuffa raggiante. Ma di stadi Maradona la città si è già riempita. Piazza del Plebiscito ha già aperto le sue porte, persino sul mitico teatro San Carlo compare uno striscione azzurro. Tutte le Napoli del mondo festeggiano. La Napoli di Napoli, certo. Ma anche quelle dell’amata Buenos Aires, di New York, di Rio. Fanno festa pure i tanti italiani, che al di là di minacce ultras senza senso, hanno un parente, un ricordo, una storia, un’immagine, un’emozione che li lega a Napoli e hanno voglia dire in queste ore: ma lo sapete che lo sento anche un po’ mio?
Tutti, proprio tutti Da mesi questa città ha scritto nell’aria una frase. Che ha riempito giornate, forse settimane. Un gigantesco, continuo “non vedo l’ora” del tutto trasversale: senza età, senza condizione sociale, senza quartiere o rione a dividerla. Non vedo l’ora. Non vedevano l’ora i ragazzini che nel pomeriggio abbiamo visto giusto alla Sanità nella palestra delle Fiamme Oro fare sport con il bronzo olimpico della boxe Vincenzo Picardi e la judoka Daniela Raia. Non vedevano l’ora al mercato di via Ferrara dove le gigantografie dei vari Kim, Kvara e Osimhen si mischiano alle immagini di Troisi, Pino Daniele, Eduardo, simboli immortali della città con l’immancabile Maradona più in alto di tutti. Non vedevano l’ora i tanti che hanno indossato non solo le maglie dei napoletani di oggi, ma anche quelli di ieri: Hamsik, Cavani, Martens, Lavezzi. Si potrebbero anche caricare per un giro per la città pure Benitez, Sarri e Ancelotti ritratti nella vicina fermata della ferro
Tutti in estasi Gente in strada dal Vomero ai Quartieri Spagnoli. Poi si va in pellegrinaggio verso Largo Maradona
via Cumana trasformata in un museo per immagini della storia della squadra nata 97 anni fa. Tutti insieme, tutto insieme e tutta Napoli. E i suoi mille culure di Pino Daniele che il Maradona intona commosso quando è tutto finito, o forse è appena cominciato, e migliaia di luci accompagnano questo pezzo di carta di identità di una città meravigliosa e complicata, solare e velata, chiassosa ma anche straordinariamente intima, “stracolma” come ha scritto Erri De Luca.
Capodanno Ecco, forse è la parola giusta: stracolma. Per
ché fatica a contenere tutte le emozioni. Ci chiamano dal Vomero: “Qui è Capodanno”, ai Quartieri Spagnoli si sale come in pellegrinaggio ma in Largo Maradona c’è un sold out permanente che deve essere durato tutta la notte. Sul palazzo del Municipio, il sindaco Gaetano Manfredi fa affiggere uno striscione didascalico e orgoglioso: “Napoli campione d’Italia”. Parole e immagini che a migliaia questi mesi delle imprese Spalletti avevano seminato e che ora diventano però una sentenza. Ma il tutto esaurito c’è ovunque, sotto uno striscione in via dei Tribunali che è una dedica allo scudetto: “Nun me importa aro’ si stat / L’important è ca’ si turnat”. In fondo c’è dentro queste frasi la bellezza dell’attesa, il gusto di una gioia rara ma che forse proprio per questo sa moltiplicarsi in una maniera irresistibile.
Film infinito È una roba da film. E non a caso ci devono essere da qualche parte gli occhi di Paolo Sorrentino al lavoro per quello che sarà, chissà, un passaggio di testimone dalla famosa “mano di Dio” comparso un po’ in tutta la città in questa lunga marcia di avvicinamento. Allo stadio Maradona la gente non vuole andar via, continua a sbandierare, quasi che fermarsi anche per un solo minuto potesse essere un delitto in una serata come questa. Che segue il copione di una piece teatrale che vuole far finta di indugiare sulla trama, vedi gol dell’Udinese, ma poi va dove la spingono i pronostici del cuore. C’è tanto in questa storia, ma non mettiamo cappelli sociologici, non buttiamoci sugli stereotipi, belli e brutti. Non è con una sola cartolina che si può spiegare uno stato d’animo vissuto così collettivamente. Certo ci sono, e in dosi massicce, speranza e orgoglio. E allora sì, è giusto Napoli, il Napoli, i napoletani si dicano “abbracciame” e “cchiù forte”. E facciano l’amore con lo scudetto. Se lo meritano.