La Gazzetta dello Sport

COME MAI IL MILAN NON SA IMPARARE DAI PROPRI ERRORI

- Di ALESSANDRO DE CALÒ

Da qualsiasi parte si guardi quello che è successo a San Siro, nell’andata di Champions tra Milan e Inter, il dato da cui partire è molto semplice. Da quasi trent’anni i rossoneri non perdevano tre derby nella stessa stagione.

Era il 1994-95. Quella volta il peso di Paolo Maldini si sentiva sul campo, in panchina c’era Fabio Capello, il Milan era arrivato quarto in campionato ed era stato sconfitto nella finale di Champions dall’Ajax di Van Gaal, con l’autografo di Kluivert che poi avrebbe fatto tappa a Milanello. Ora il quadro è diverso. I rossoneri rischiano seriamente di non piazzarsi tra i primi quattro della A e di non raggiunger­e nessuna finale in Europa. Il problema di Stefano Pioli è che ha perso i tre derby di quest’anno tutti allo stesso modo, seppure con risultati diversi: partendo malissimo e lasciandos­i dominare senza riuscire a ribaltare la situazione. Il Milan è rimasto stordito il 18 gennaio in Supercoppa (dopo 21 minuti era sotto di due gol), il 5 febbraio in campionato (nuovo tiro al bersaglio, con guizzo vincente di Lautaro dopo mezz’ora) e l’altra sera – come abbiamo visto – in Champions. Tre indizi rischiano di essere una prova. Com’è possibile che una squadra capace di schiantare il Napoli al Maradona (4-0 in campionato) e di renderlo inoffensiv­o nella doppia sfida europea (1-0, 1-1) ricada poi, nel tinello dei suoi limiti, per lasciarsi dominare ancora una volta dall’Inter di Simone Inzaghi? Come mai il Milan non riesce a imparare niente dai propri errori? Anche senza scomodare la gag del vecchio Paròn Rocco – “Speremo de no”, in risposta all’augurio classico del “Vinca il migliore” – Pioli dovrebbe riuscire a indovinare

Negli ultimi derby i rossoneri hanno pagato caro partenze disastrose. E sembra che Pioli non abbia ancora trovato rimedi

una mossa del cavallo per sottrarsi dall’angolo dove in questo 2023 l’Inter ha inchiodato il Milan, trasforman­dolo nel suo “punching ball” preferito. I nerazzurri sono più ricchi e più forti, hanno un budget più alto e una qualità della rosa superiore, non c’è dubbio. Ma la differenza sulla carta – al di là dell’assenza di Leao – non è così abissale come risulta in campo. Perché Pioli, anche mescolando le carte, non riesce a trovare l’antidoto? Martedì c’è un’ultima chance. Il miraggio delle marcature a uomo non funziona, deve pur esistere un modo diverso per uscire dall’“Inferiorit­y complex” nei confronti dell’Inter che è fisico ma anche mentale. In questa felice avventura rossonera, per il tecnico che l’anno scorso ha vinto il campionato, il problema delle ricadute è una piccola costante. La sua squadra tende a ricadere negli stessi errori: succede a tutti, chiaro, ma al Milan un po’ di più. I cali di tensione contro le piccole squadre rimangono in agguato, mentre sarebbe normale imporre una differenza di classe. I meccanismi del turnover sono troppo spesso un problema, e non la soluzione, davanti ai sudori del calendario affollato. Non si sa mai da che parte uscirà il coniglio che Pioli alleva nel suo cilindro. Perciò anche l’impegno di questo pomeriggio a La Spezia, contro i terz’ultimi della classifica – pronti alla grande impresa per non affondare in B – rimane un’incognita. Il Milan, che è già caduto da queste parti, deve assolutame­nte vincere per continuare a sperare nella qualificaz­ione Champions che farà da spartiacqu­e sugli orizzonti del prossimo mercato. Ha ragione Maldini quando dice – come l’altra sera – che il Milan non è ancora tra i top club, ma deve fare adesso gli investimen­ti per

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