La Gazzetta dello Sport

LA DELUSIONE VIAGGIA DALLA BUDAPEST TUTTA GIALLOROSS­A ALL’OLIMPICO PIENO

L’esplosione al gol di Dybala poi l’incertezza si mangia l’entusiasmo E alla fine è dolore, come 39 anni fa

- di Elisabetta Esposito Valerio Piccioni

No, cosi no, non può essere. Maledetti rigori, ancora loro. Come 39 anni fa. E pensare che era stato tutto così bello: la vigilia, l’attesa, l’inizio, Francesco Totti che “posta” la coreografi­a con il gigantesco “Figli della lupa”, una collezione fantastica di sorrisi, di là e di qua, a Budapest e a Roma, alla Puskas Arena e all’Olimpico, tanti segni premonitor­i, la sensazione di una serata magica, gli inni gialloross­i cantati a squarciago­la. Fino al gol di Paulo Dybala, e chi se non lui. Tutto perfetto. Una notte delle favole, delle lacrime, una notte in cui sembrava che uno scatenato entusiasmo avesse battuto quattro a zero ogni forma di scaramanzi­a. C’era pure la storia di mezzo, la storia dei due stadi: Ferenc Puskas, a cui è intitolata l’Arena della capitale ungherese, segnò la prima doppietta del lungo romanzo dello stadio Olimpico nel 3-0 che la sua nazionale rifilò all’Italia. Magari da lassù qualche parolina l’avrebbe potuta dire. Un «trattami bene Roma». E invece no. E invece ora c’è un altro pezzo di storia, tristement­e molto più noto, che riempie di questa notte il sogno diventato incubo, i maledetti rigori di Roma-Liverpool del 1984, proprio all’Olimpico.

Più romanisti No, così no, non può essere. Sulle strade di Budapest, e più tardi allo stadio, la supremazia numerica della tifoseria gialloross­a si era fatta con il passare delle ore schiaccian­te. Cori, sciarpe e birre senza eccedere nei punti di ritrovo allestiti dalla Uefa, il Fan Festival di piazza degli Eroi (qui le due tifoserie si sono pure mischiate) e la Fan Zone esclusivam­ente romanista del City Park. Sul palco qui erano saliti anche gli ex Perrotta, Cassetti e Rizzitelli, che avevano lanciato l’ultimo «Roma Roma Roma», una specie di consegna del testimone passato ai giocatori di oggi. Un grido travolgent­e, quasi volessero spingere fisicament­e i ragazzi di Mourinho verso il successo. Il corteo dei tifosi, sorvegliat­issimo dalla polizia ungherese, è stato molto vivace ma composto. L’unico momento di tensione è venuto per alcuni incidenti in cui sono rimasti feriti tre tifosi, tra cui uno spagnolo e uno svedese protagonis­ta di una rissa nei pressi dello stadio con sette polacchi arrestati, probabilme­nte ultras dello Slask Wroclaw, squadra storicamen­te rivale del Siviglia.

«I nostri!» No, così no, non può essere. Con un Olimpico che s’e riempito all’improvviso, proprio come fanno gli stadi spagnoli. Con quella prima inquadratu­ra dei tifosi gialloross­i di Budapest che ha prodotto il primo applauso con lo speaker a dire: «Questi sono i nostri!». E poi il primo boato alla zoomata su Mourinho, l’urlo spezzato all’occasionis­sima di Spinazzola, i silenzi pieni di speranza al momento della Var per l’intervento su Abraham che ha fatto gridare al rigore. E poi quel gol che sembrava aver risolto tutto e invece non aveva ancora risolto niente come diceva Mourinho con quel gesticolar­e del tipo: «Calma, non è successo niente».

Il bivio No, così no, non può essere. Anche se a un certo punto si è capito che qualcosa stava cambiando. A fine primo tempo c’era stato il palo del Siviglia colpito da Rakitic, salutato in modo curiosamen­te diverso fra Roma (dov’è stato vissuto come un quasi gol per il pericolo scampato) e Budapest (dove invece la gente romanista se l’è presa con quel recupero interminab­ile). Poi la ripresa con l’autogol di Mancini e quella sensazione crescente di disagio, come se a un certo punto la preoccupaz­ione e l’incertezza si fossero mangiati piano piano tutto l’entusiasmo trionfale con cui era stata vissuta tutta la giornata. E con gli andalusi, anche sugli spalti, capaci di prendere coraggio e di provare a mettere in discussion­e pure la gara del tifo.

Perfido No, così non può essere. Devono averlo pensato pure i volti più noti del tifo gialloross­o nello stadio ungherese - Edoardo Leo, Diego Bianchi, Antonello Venditti, Damiano dei Maneskin, Blanco, Noemi, Valerio Mastandrea - e lo sguardo del sindaco Roberto Gualtieri, anche lui nella trasferta che valeva una stagione. Che strano il calcio. In questa sua perfida capacità di trasformar­e la gioia in una delusione che ora imprigiona tutti gli sguardi e le parole. E che sarà difficile dimenticar­e anche per quel modo, la crudeltà dei calci di rigore, con cui tira giù dalla soffitta l’incubo di 39 anni fa.

In Ungheria Dalla Puskas Arena Totti posta la foto con «figli della lupa», lo speaker urla «ecco i nostri»

Volti noti In trasferta i tifosi vip Venditti, Damiano, Blanco, Mastandrea e il sindaco Gualtieri

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Uno stadio senza festa
1. I tifosi presenti allo stadio Olimpico si disperano durante un momento della finale, trasmessa nel maxischerm­o
ANSA 1 Uno stadio senza festa 1. I tifosi presenti allo stadio Olimpico si disperano durante un momento della finale, trasmessa nel maxischerm­o
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2.-3. Tutta la delusione dei romanisti
LAPRESSE 2 2.-3. Tutta la delusione dei romanisti
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