C’è la semifinale dopo la tragedia Vicenza eliminato
Un altro 0-0 basta per un po’ di gioia È l’unica seconda a essere qualificata
Alle 22,27 piovono sorrisi. E gioia. E voglia di cantare ancora. Il Cesena va avanti, incontrerà il Lecco in semifinale, l’andata domenica, il ritorno qui, giovedì, qui dove per una sera si è dimenticato qualcosa di indimenticabile grazie a una battaglia che ha piallato un Vicenza sì più forte, ma incapace di ostacolare e devitalizzare un cuore di Romagna impossibile da inscatolare. Nessun gol ma piazzamento in campionato dirimente: il Cesena aveva resistito al Menti e lo ha fatto anche nel ritorno giocando un secondo tempo pieno di cose e con ben fisso in mente un traguardo parziale da conquistare per tutta la sua gente. Retorica a parte: il Cesena aveva qualcosa in più pur mostrando macrogranuli di tecnica e organizzazione in meno. Merito della gente forse. Ma anche di una serata che non doveva regalare altre brutte storie. Il Vicenza ha colpito un palo (ol
tre a un altro all’andata), il Cesena ha schiumato voglia decisiva di risorgere. Ed è stato l’unica seconda su tre a qualificarsi.
«Tin bota» Oltre la partita c’è stato quel che in gergo viene chiamato il «colore», l’ambiente, la forza della passione calcistica e umana. La gente di Romagna ha voglia di sorridere e sdrammatizzare, tifare e gioire. Di fronte all’Orogel Stadium Dino Manuzzi, prima della gara, c’erano due amici al chiosco della piadina che si ritrovavano dopo un po’, evidentemente. «Oh, come va...? Sei franato anche tu?». Franato. Sorridevano, adesso che il peggio non è dimenticato ma un po’ passato sì. La zona adiacente allo stadio, di fronte alla rotonda dedicata ad Azeglio Vicini, non è stata toccata: l’Oltresavio e zone limitrofe, quelle vicino al fiume incattivito, sì che hanno subìto danni. E ancora ci lavorano su. Dentro al Manuzzi, perché è ancora così che lo chiamano tutti, ci sono ragazzini e ragazzine che vestono le magliette con scritto «Tin bota», slogan anche snocciolato dalla presidentessa della Commissione Europeo Ursula von der Leyen quando ha visitato le zone alluvionate. E’ la prima gara del Cesena dopo la tragedia che ha registrato oltre 15 morti e danni ancora incalcolabili, fra materiali e affettivi: il Manuzzi ha 15 mila anime che imbracciano il badile della fedeltà calcistica, il Vicenza è l’avversario da battere mentre l’altoparlante – prima della gara – diffonde «Romagna Mia» cantata in campo da Mirko Casadei e la curva-mare srotola lo striscione «Uniti Risorgeremo» con annesso sole che sorge. E il Cesena, in campo, ha fatto un quadro con la sua cornice.
Sorrisi Cesena che era partito forte, accorpandosi dietro e infilandosi nel cuore del Vicenza (più sciolto e organizzato) tre volte con Stiven Shpendi, seconda punta di sveltezza e sostanza. Il suo primo acuto (10’) e altre due incursioni sono state controbilanciate da una risposta forte del Vicenza che ha portato a un palo, quello che al 37’ colpisce l’ex Dalmonte dal limite dell’area. Poi? Cesena che nella ripresa s’è presa in mano la qualificazione insistendo, sfiorando il gol quattro volte, provando, sbagliando ma resistendo. E tutti sorridono. Sì.