Sinner sprofondo rosso
BASTA ALTMAIER E JANNIK VA FUORI «NON ERO FELICE DI ESSERE QUI...»
Rimpianti Sul 5-4 del quarto set Sinner ha avuto due match point ma non è riuscito a sfruttarli
La reazione La racchetta buttata? Avevo fatto troppe scelte sbagliate
Terra bruciata. Come l’ambizione di spingersi fin verso il paradiso in quello spicchio di tabellone repentinamente orfano di Medvedev, il re di Roma. E invece la maledizione del pronostico colpisce ancora, inesorabile: quando l’orizzonte s’allarga. Sinner si restringe. Che botta, la sconfitta contro Altmaier, il tedesco numero 79 del mondo che a Parigi si conferma purtroppo una sentenza per gli italiani: nel 2020 aveva sconfitto Berrettini, allora numero 8 della classifica. Un capitombolo inatteso, che fa rumore, perché rischia di oscurare il cammino oggettivamente brillante che Jannik aveva tenuto da tre mesi a questa parte e che, abbinato al ko di Roma contro un altro avversario non irresistibile come Cerundolo, può instillare crepe pericolose nella delicata e continua ricerca dell’equilibrio perfetto.
Le occasioni Alla vigilia dello Slam parigino, la Volpe Rossa aveva rivelato con sincerità gli obiettivi di un ragazzo di 21 anni che ha già avvicinato le vette più alte del suo sport: «Se chiudo gli occhi, il mio traguardo è di andare il più avanti possibile in classifica e come persona. Il sogno è diventare numero 1 del mondo, e darò tutto quello che ho per riuscirci. Poi se non ci arriverò, mi basterà non avere rimpianti». Una visione lucida e coerente, che tuttavia continua a cozzare con la realtà quando il livello della pressione si alza e richiede un ultimo salto di qualità mentale e tecnico. Perché lo Jannik che entra sul Lenglen da favorito in una partita che dovrebbe rappresentare solo una tappa di avvicinamento alla seconda settimana e alle sue lusinghe, è in realtà un drago dalle ali tarpate, con il braccio bloccato dalla tensione, che si tiene a galla con il servizio ma non riesce mai a incidere davvero con l’aggressione da fondo campo, senza mai cercare altre strade tattiche per staccarsi definitivamente di dosso un rivale tignoso, bravo e diligente ad applicare i suoi schemi di disinnesco delle armi azzurre, giocando il dritto con traiettorie più alte per non dare ritmo e il rovescio al centro per togliere angoli. Ma siccome il talento è un’unità di misura che non mente, malgrado gli enormi impacci Sinner si ritroverà a servire sul 5-4 del quarto set con due match point a disposizione, e sul primo non chiude uno smash a rimbalzo che gli costa un passante del tedesco reso imprendibile dal nastro. La plastica immagine di una giornata per certi versi indescrivibile: Jannik ha totalmente smarrito il killer instinct dei giorni belli (6 palle break conquistate su 21), è passivo, lontano dalla riga di fondo, e non cerca mai variazioni per cambiare il destino strategico del match. Ha un sussulto solo quando si ritrova davvero spalle al muro, sul 4-5 e servizio del tedesco nel quinto set, ottenendo il break dell’inattesa resurrezione, peraltro vanificato dall’orribile game successivo in battuta. In un infinito 12° game, surreale e costellato da errori dettati solo dal rispettivo braccino, Jannik annulla i primi tre match point, si procura tre palle per allungarsi al tie break ma poi si arrende a un suo rovescio sbagliato e a un ace dell’incredulo renano, sbattendo la racchetta a terra forse per la prima volta in carriera: «Ci sta: ero in tensione, poco lucido, consapevole di aver avuto tante occasioni e di aver fatto troppe scelte sbagliate».
L’atteggiamento Dopo 5 ore e 26’ di una battaglia dominata solo dai nervi, Altmaier piange così a dirotto da non riuscire a parlare al microfono di bordocampo per cinque minuti buoni, ma le lacrime più amare, anche se solo metaforiche, sono quelle di Jannik: «Certo che fa male, tenevo molto
Il futuro Il lavoro pagherà, la mia passione mi farà superare gli ostacoli
a questo torneo, ma devo accettarlo. Stavolta mi è mancato l’atteggiamento giusto, non ero sorridente dentro, fin dall’inizio non godevo del fatto di essere qui e di giocare una partita al Roland Garros. Se c’è una lezione che devo imparare da questa sconfitta, è di tornare a essere felice quando sono in campo». A suo modo, una confessione choc che spiega meglio di ogni dettaglio tecnico le difficoltà di Sinner nel gestire il nuovo ruolo di possibile giocatore-guida del prossimo decennio, che invece Alcaraz e Rune maneggiano già con grandissima disinvoltura, peraltro accrescendo le pressioni su di lui che nei voti di tanti dovrebbe essere il terzo eroe del gruppo ristretto. Quando si trattava di sognare l’approdo nell’élite, le motivazioni e l’ambizione gli armavano il braccio, ora che vede il gotha da vicino è come se avesse il piombo nei colpi. E se la testa pensa troppo, le gambe non girano, infatti nel quinto set ha resistito più di orgoglio che di fisico, piegandosi