Il mio calcio è bellezza
Velocità, profondità e un gol più dei rivali Così il Napoli di Garcia vuole restare al top
Il tecnico terrà Di Lorenzo in impostazione, userà Kvara come Gervinho e vuole rilanciare Lozano
Nella vita spesso, quando si fa pace con la figura del padre, si è compiuto già un buon pezzo di strada. Rudi Garcia ha raccontato che da piccolo non voleva diventare allenatore perché suo papà José, ex calciatore dai modi burberi, per arrotondare il bilancio, andava a farlo di sera, sottraendo così del tempo alla famiglia. Che tipo fosse, lo si capisce dal racconto degli ultimi minuti della sua vita, passati davanti allo schermo della televisione per vedere una partita del Lilla. Le parole d’addio furono: «Perché non sostituiscono De Melo?». Con queste premesse, vedere il sorriso con cui il nuovo allenatore del Napoli si presenta, lascia capire che si tratta di un uomo pacificato, nonostante sappia che «il padre» con cui deve fare i conti nell’immaginario collettivo adesso si chiama Luciano Spalletti, il tecnico del terzo scudetto. Impresa non semplice. Stavolta l’allenatore francese non deve riportare «la chiesa al centro del villaggio» perché lo è già. Così, a differenza di quanto gli è successo a Roma, Marsiglia e Lione, non trova una squadra da rilanciare, ma da confermare al vertice. Non è un caso, in fondo, che stavolta venga accolto nel Salone delle Feste del Museo di Capodimonte, al termine di una passeggiata lungo ambienti che - da Masaccio a Caravaggio - illustrano da batticuore lo sviluppo dell’idea del bello nella storia dell’arte.
Sistemi E proprio di bellezza il tecnico francese fa capire che intende nutrirsi. «Le mie squadre attaccano, fanno gol, fanno possesso palla per segnare sempre una rete in più degli avversari. Quando si partirà, lo si farà a bomba». Facile pensare che l’uomo delle «dieci vittorie nelle prime dieci partite» nella Roma pensi a una preparazione che consenta un avvio sprint, utile a non far perdere di fiducia all’ambiente. D’altronde, dice, «il 4-3-3 al Napoli si adatta come un guanto». Che lui indosserà anche nella versione modificata, il 4-2-3-1. Detto che la rosa (come leggete altrove) cambierà almeno un po’, a differenza di Spalletti, la sensazione è che Garcia prediliga cercare in fretta la profondità. Kvaratskhelia - un po’ meno veloce ma più tecnico - sarà il suo Gervinho dell’era romanista, cioè l’uomo chiamato ad aggredire gli spazi dietro la linea di difesa avversaria, agendo in tandem con Mario Rui. Sull’altro lato, capitan Di Lorenzo sarà un Maicon più portato a coprire che ad attaccare, andando a sovrapporsi a Politano o Lozano, giocatore che a Garcia piace parecchio. La differenza sarà nel centravanti. Se Totti segnava, ma era anche il re dell’ultimo passaggio, Osimhen è un «terminator» del gol, un altro con cui andare subito a cercare lo spazio che scardina.
Cuore centrocampo Perciò la mediana sarà ancora più importante. «Il cuore delle mie squadre è stato sempre il centrocampo e Lobotka è un giocatore fantastico». Se vogliamo, il suo De Rossi. Quanto basta perché si capiscano due parole chiave: aggressività e smarcamento. «In questo reparto voglio chi faccia possesso, ma anche chi vada a recuperare palla quando si difende, perché ci sono superstar che lavorano solo con la palla e meno senza (un riferimento a Cristiano Ronaldo, con cui il feeling è stato minimo?, ndr). Il bello di questo Napoli è che corre sempre: con la palla e senza. Non andrò a rivoluzionare tutto, ma desidero mettere il mio tocco. Perciò avrò gente con una cultura tattica importante per cambiare e sorprendere gli avversari». Un avviso alle mezzali Anguissa e Zielinski, che dovranno essere in grado di muoversi sia in copertura che negli inserimenti, un po’ come sapevano fare Pjanic e Strootman nella sua Roma più bella. Se a questo aggiungiamo il desiderio di avere due centrali difensori in stile Castan e Benatia, cioè bravi nell’anticipo e nella ripartenza dal basso, il nuovo Napoli potrebbe essere un capolavoro. Forse per questo il direttore del Museo, Sylvain Bellenger - francese come il tecnico - a chi gli chiede una paragone fra un dipinto e Garcia, replica così: «Rudi non è opera d’arte, ma un’artista». Chissà che avere un battesimo fra tanti capolavori non aiuterà l’ispirazione.