«Mi davano del bollito ma eravamo i più forti E ora avanti col Lecco »
La cosa più difficile è stata recuperare l’auto. «Dove l’avrò parcheggiata...? » si chiedeva Luciano Foschi ieri mattina, felicemente smarrito. Non è abituato ai festeggiamenti e non si è separato un attimo dai suoi ragazzi nel tripudio di Lecco. Sorridendo, ha cercato di ricostruire il percorso e ha trovato l’auto. Poi è tornato a gustarsi la Serie B.
► Cosa si prova, dopo 400 panchine in C, a ritrovarsi in B?
«Sarò banale, ma è il coronamento di tanti sacrifici. Però esserci riuscito con una squadra partita con altri propositi, in un club che in B non ci andava da 50 anni, è una gioia tripla».
► Come si fa, dopo tanti anni, a rimanere sempre sul pezzo e non finire nel dimenticatoio?
«Questo sport lo amo alla follia, io registro e guardo le partite perché mi piace vederle. E’ passione. Studio i colleghi, mi è stato utilissimo stando a casa poter vedere il lavoro di Parma e Reggiana, mi sono arricchito».
► Nel pieno della festa si è tolto un po’ di sassolini...
«Qualcuno pensava fossi bollito... Nel calcio spesso si parla e si dicono cose non vere, ma alla fine la verità viene fuori e adesso quel bollito va in B contro ogni pronostico. Questa è una rivincita nei confronti di chi parla senza conoscere le persone».
► Tre momenti: lo scudetto dilettanti con l’Olbia battendo in finale l’Aglianese di Allegri (2002), i playoff di C2 vinti con il Novara (2003) e questa Serie B. Facciamo la classifica?
«Questa al primo posto in assoluto. A Olbia è stata la prima gioia, non conoscevo bene ancora il lavoro. Poi a Novara è stata scritta una pagina di storia perché non vinceva da una vita».
► A settembre, quando è arrivato al Lecco, dove pensava di arrivare con questa squadra?
«Nelle prime 10. Settimana dopo settimana mi sono accorto che questi ragazzi, a prescindere da chi giocava, si sentivano tutti importanti. Pensi: l’allenamento era alle 14.30 con ritrovo alle 13.45, ma loro arrivavano al campo già alle 12.30, perché avevano piacere di stare insieme. Allenarsi non era un obbligo, ma un divertimento: così nasce un gruppo vincente».
► Nel contratto non aveva bonus in caso di B, tipo rinnovo automatico o premio?
«Zero. Ho firmato in bianco. Ho fatto mettere la cifra al presidente, dicendo: se le cose vanno bene, l’anno prossimo ne parliamo. Ma conoscendolo sono certo che a tutti darà un premio».
► La qualità tecnica non è tutto: voi cosa avete avuto in più?
«Forza mentale, spensieratezza e convinzione di potercela fare. Tutti ci davano per perdenti, i ragazzi si incazzavano e dicevano che avrebbero dimostrato il contrario. Comunque nei playoff sono cresciuti tantissimo a livello tecnico e tattico».
► Questa formula dei playoff lascia una speranza a tutti.
«Siamo arrivati con una condizione superiore agli altri, non abbiamo patito le 5-6 assenze a partita. Correvamo come i matti. I playoff vanno programmati, il piazzamento conta poco. Per noi sono stati un punto di partenza e non di arrivo».
► Quando avete cominciato a credere in questa Serie B?
«Con l’Ancona al primo turno, quello più difficile, dopo tanti giorni fermi. Con il Pordenone abbiamo capito che avremmo potuto battere chiunque: infatti il Cesena era la più forte, ma noi al ritorno ne avevamo di più».
► Il calcio si conferma lo sport di squadra più imprevedibile...
«Si fanno troppe chiacchiere, si creano tanti problemi quando non esistono. E’ uno sport di squadra: un giocatore ti fa vincere la partita, il gruppo ti fa vincere il campionato. E un giocatore che gioca poco è importante se fa alzare il livello degli allenamenti: noi eravamo così».
► Per il Lecco sarà più complicato fare una squadra per la B, oppure strutturarsi (stadio, società) in maniera adeguata?
«Tutto. Alla squadra bastano 7-8 elementi, è il problema minore. La società e il Comune devono studiare in fretta un piano, i tifosi meritano di vedere la squadra nel loro stadio e la B è una vetrina anche per la città».
► E se le verrà nostalgia della C?
(ride) «Mi piacerebbe stare qui, alla mia età non ho tante occasioni per riprovarci. E comunque la B penso di meritarmela».
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