La Gazzetta dello Sport

Il mondo di Pippo

Calcio e vita Abbracci, dolori e la data delle nozze Inzaghi si racconta

- di Pippo Inzaghi con G.B. Olivero

Non potrei vivere senza mio fratello Simone. Siamo inseparabi­li, ci siamo spronati e consolati a vicenda. Lui è la mia certezza. Mi trasmette serenità e mi conferma che siamo cresciuti nel modo giusto

Ci sono stati alcuni momenti in cui con un pizzico di coraggio l’Italia avrebbe potuto sfruttare meglio il potenziale offensivo provando la formula con un “10” alle spalle di Inzaghi e Vieri

Pippo Inzaghi

1 LO STADIO DEI SOGNI «L’ultimo gol regalo d’addio al mio San Siro»

Dettare il passaggio è come un passo di danza a distanza con il tuo compagno: bisogna lavorare bene in coppia, lui deve servirti al momento giusto e tu devi farti trovare al posto giusto. Ci sono tutto io in quest’azione. Parto sulla linea del fuorigioco. Seedorf ha capito in anticipo, il suo lancio è perfetto, io stoppo di petto e mi defilo leggerment­e sulla destra. Ma non ho bisogno di guardare la porta, non mi è mai servito: io la «sento». Fontana, portiere del Novara, mi esce incontro con prontezza e mi chiude lo specchio, almeno è ciò che crede. Io faccio una girata di destro e la palla finisce in rete. Impazzisco. Corro sotto la curva, il primo ad abbracciar­mi è Nesta. L’ultimo tiro della mia vita è un gol: non ho più alcun dubbio, non mi farò tentare da nessuna offerta, questa è la mia ultima partita. È finita.

Prima di tornare a centrocamp­o mi fermo, mi giro verso i tifosi, mi inginocchi­o, sollevo la maglia e la bacio. Un bacio commosso, dolce, gonfio di eterna gratitudin­e. L’arbitro fischia, vedo mio nipote Tommaso correre da me. Lo stringo forte, mi si chiude il cuore. Guardo la mia Sud e la saluto... Ciao Milan, ciao San Siro. È stato bellissimo.

2 L ’ADDIO AL CALCIO «Ho smesso un anno prima a causa di Allegri»

Era stato Allegri a chiudere la mia carriera da giocatore. Io e il Milan, infatti, nella primavera del 2012 avevamo trovato un accordo per prolungare di un anno il mio contratto. Io sarei stato un importante collante nello spogliatoi­o che nel giro di poco tempo aveva perso Maldini, Pirlo, Nesta, Gattuso, Seedorf. Elementi di spessore che avevano lasciato un vuoto profondo. Non avrei accampato alcuna pretesa... Galliani era felice di aver trovato insieme a me questa soluzione. Allegri invece la bocciò, non mi voleva più nello spogliatoi­o e lo disse al dirigente chiedendo che non mi fosse rinnovato il contratto. Per me fu una mazzata.

3 ANGELA «Tra me e lei è davvero incastro perfetto»

Angela è stata paziente con me, a entrare con dolcezza nella mia vita così complessa. Avevo avuto tante relazioni, ma poche storie serie. Quindi sulla vita di coppia avevo molto da imparare. Non sarei credibile se adesso raccontass­i che è stato tutto facile o che non ci siano stati momenti cupi. Credo anzi che le difficoltà siano fondamenta­li per cementare l’unione, per capire che si è pronti ad affrontare la vita insieme. Una storia d’amore non è un viale alberato, tutto dritto e senza buche. È piuttosto un percorso misto, di quelli che sono ancor più affascinan­ti da esplorare perché dietro a ogni curva c’è una nuova scoperta e quando capita una strettoia, e a noi ne sono capitate alcune, devi rallentare, valutare bene come passare e andare oltre. E rallentand­o, c’è più tempo per guardarsi negli occhi e trovare un modo per proseguire il tragitto. Così, superata la strettoia, si può di nuovo accelerare e godersi il viaggio. Sono orgoglioso di essermi meritato questo grande amore, esattament­e come se l’è meritato Angela. Ed è stata la conferma di quanto avevo già imparato con il calcio: attraverso i sacrifici arrivano le gioie più belle e dolci. E così ci siamo progressiv­amente adattati l’uno all’altra con semplicità e piacere. Il gusto di stare insieme era talmente bello da cancellare ogni piccola difficoltà. Tutto si è incastrato alla perfezione. Sì, quello tra me e Angela è l’incastro perfetto.

4 LA SOFFERENZA «Senza pallone ho avuto paura e il male di vivere»

Nell’autunno del 2015 per la prima volta il pallone era sgonfio: non rimbalzava più. E non riuscii ad assorbire la lontananza dal mio mondo, dal profumo dell’erba, dalla sacralità dello spogliatoi­o. Mi alzavo al mattino e non sapevo come arrivare a sera. Andavo in palestra, ma senza entusiasmo, solo per far trascorrer­e il tempo, riempire la giornata ed evitare che la noia e lo sconforto prendesser­o il sopravvent­o. Il mio corpo mi mandava segnali inequivoca­bili di malessere. Mi sono spaventato. Anzi, lo dico chiarament­e e senza vergogna: ho avuto paura. Ho fatto quattro gastroscop­ie e altre analisi poco piacevoli, viaggiavo sempre con un borsello pieno di cd con ecografie e risonanze che mostravo a vari specialist­i. Ho temuto di avere qualcosa di grave, perfino la Sla.

Sono stati mesi di disagio e sofferenza, in cui faticavo a trovare una via d’uscita. Qualcuno lo chiama male di vivere, qualcuno in un altro modo, io ho preferito dribblare definizion­i e diagnosi e affrontare la realtà. Ho capito qual era il problema e l’ho superato poco alla volta, circondand­omi dell’amore della famiglia. I miei genitori sono stati eccezional­i: hanno compreso ciò di cui avevo bisogno.

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GETTY Notte magica Pippo Inzaghi e la Champions vinta con il Milan ad Atene nel 2007 grazie a una sua doppietta
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Amore Pippo e Angela Robusti

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